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Marotta: “Calcio sta fallendo, Superlega voleva salvarlo. Cairo violento, rimetto mandato”

L'amministratore delegato nerazzurro ha parlato di quanto accaduto nelle scorse ore e della gara contro lo Spezia

Eva A. Provenzano

Beppe Marotta dopo quanto accaduto con la Superlega, progetto annunciato e poi ritirato da 12 top club europei pronti a lasciare la Champions League dell'UEFA, ha parlato ai microfoni di Skysport. Lo ha fatto prima della sfida dell'Inter contro lo Spezia. E le sue parole sono state queste:

«Come è stato possibile vivere queste 48 ore surreali visto quanto accaduto con la Superlega? L'iniziativa è stata portata avanti direttamente dai proprietari dei club alla luce delle difficoltà economiche dovute al covid19. Con costi certi e ricavi incerti. La valutazione dei proprietari è che questa idea di calcio attuale è superata. Serviva una possibilità di valorizzare le proprie risorse. Il sistema calcio è a rischio default. Per l'intero scenario calcistico dei club, non solo i dodici, la voce del costo del lavoro è quella più alta. Si parla del 60-70% del fatturato caratteristico tolte le plusvalenze. Nessuna azienda potrebbe continuare a vivere. Il modello attuale non garantisce continuità e futuro ed era utile andare alla ricerca di qualcosa che potesse cambiare questo modello». 

-Perché è naufragata come idea se è una soluzione? 

Perché sono stati probabilmente trascurati aspetti importanti come la voce dei tifosi, patrimonio vero del gioco del calcio. E perché i club inglesi si sono defilati giustamente secondo il loro punto di vista. 

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-Sconcerto assoluto di chi vi circonda. Al di là della natura su cui si può discutere è la modalità che è parsa poco professionale...

In ogni fatto si traggono lezioni e positività. Se il progetto è fallito evidentemente sono stati fatti errori durante il percorso. 

Le proprietà e la buona fede

-Marotta coinvolto in questa idea? Maldini ha detto di non essere stato coinvolto e ha chiesto scusa ai tifosi. Sente di chiedere scusa anche lei? 

Questa operazione è stata condotta con riservatezza dalle proprietà, il management dell'Inter non è entrato direttamente anche se le informazioni ci arrivavano. E tutto si è consumato negli ultimi giorni. In una struttura politica aziendale i compiti giustamente vengono divisi. Io e Antonello stiamo pensando alla questione quotidiana del club. 

-Ma la tua opinione l'hai detta in merito alla Superlega? 

Ribadisco, la buona fede di questa azione nasce dalla ricerca del bene del proprio club. La situazione attuale del calcio è a rischio default, siamo davanti ad una situazione paradossale. Se non intervengono istituzioni di sport e calcio e non creano un modello di stabilità e continuità, assolutamente non andremo avanti. Milan, Inter e Juve hanno speso negli ultimi anni un miliardo di euro nell'acquisizione dei giocatori. Adesso non si può più e questo va a discapito della competitività. Si può ragionare solo in termini di ricavi caratteristici. L'azione, anche se scoordinata, ha un principio di buona fede nel massimo rispetto dei tifosi. È una risposta al sistema. Che delle lacune si siano verificate è scontato altrimenti non sarebbe saltato il progetto. Servono sempre i principi di solidarietà, rispetto della meritocrazia e dei propri tifosi. Un club è un fenomeno sociale che ha valori da portare avanti. I giovani devono diventare uomini del domani e lo sport è uno strumento positivo e queste sono le lacune emerse. 

-Quando avete detto no ai fondi avevate già in testa l'idea della Superlega? Cairo ha chiesto le dimissioni dalla carica di consigliere federale...

I fondi non c'entrano nulla. Quando le decisioni sono state prese da diverse società, col Milan favorevole ai fondi, il dissenso su questi è nato da altre società. Non sono cose in relazione. Per la mia carica personale, fermo restando che è democratico il dissenso, non concepisco l'attacco violento e pubblico di Cairo. Nascono poi minacce private e anonime come conseguenza ed è un fatto grave. Uno può dire quello che pensa ma con calma non offendendo dando del traditore e del Giuda. Non lo sono. Io ho dei principi morali, sono innamorato di questo sport e cercherò sempre di fare il bene del calcio fino a che opererò in esso.

-Non ti dimetterai dal consiglio federale? 

È un'attività di servizio anche faticosa se vogliamo, lo faccio per amore di questo sport perché ritenevo di avere esperienza. Avremo una riunione in Federazione e rimetterò il mandato. Se non vorranno che resti farò un passo indietro. Ma dobbiamo confrontarci con le istituzioni sportive italiane ed europee perché si formi un modello. Inutile parlare di strumenti finanziari. Parliamo anche di calcio. 

(fonte: SS24)

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