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Sacchi: “Conte sceso a patti. Mi rifiuto di pensare una cosa: come se sceneggiatore e regista…”

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La lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera da parte dell'ex allenatore

Alessandro De Felice

Una chiacchierata per parlare di Inter, di Conte, della Serie A e degli aspetti del nuovo calcio, influenzato dal Covid-19. Ma non solo. Arrigo Sacchi ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera e ha trattato i temi caldi del campionato italiano e del calcio europeo: "È una stagione anomala. Gli stadi vuoti e avvilenti. I giocatori sono umani, ne risentono. Si gioca tanto, mancano molti protagonisti, qualcuno cerca di fare il furbo. Siamo fuori norma, a incidere e a decidere alla fine sarà la forza politica, economica, la capacità organizzativa, lo stile e la storia dei club. Conte? Ha un progetto a lungo termine. La domanda è: ad Antonio hanno preso giocatori funzionali? È come se sceneggiatore e regista avessero in mente un film comico e il produttore portasse grandi attori drammatici".

Che dobbiamo attenderci da questo campionato?

"Le cose torneranno come sempre. In Italia si punta molto sul singolo e poco sulla squadra. Solo facendo squadra puoi sfruttare l’interiorizzazione. Interiorizzare significa automatizzare tutto: vivi le situazioni in allenamento e in partita le sai fronteggiare".

Non è solo una questione italiana, come se lo spiega?

"Il Covid ha stravolto tutto e poi il calendario fitto. Le big giocano ogni tre giorni. Quando affronti Liverpool, Man City e Barcellona la fatica è tripla. Difficile fare previsioni in serie A, alla fine però vinceranno sempre quelle".

La divergenza tra dirigenti e tecnici c’è sempre stata.

"Nel calcio non parliamo mai di funzionalità. Nel ciclismo di un corridore si dice è un velocista, nella boxe un picchiatore, nel calcio è bravo. Che vuol dire? Se sono l’allenatore e ho in mente una squadra di un certo tipo e tu mi dai un giocatore con altre caratteristiche…".

Qual è la componente più importante per riuscire?

"Il club, con la sua storia, visione, competenza e stile. Dopo c’è la squadra, infine il singolo. Senza un copione c’è solo improvvisazione".

Parlava di storia di club: si riequilibrerà il campionato, i più forti verranno fuori?

"Il Napoli nella sua storia ha vinto due scudetti. Hanno sempre dominato Juventus, Milan e Inter, per uscire da questa situazione devi fare un mezzo miracolo".

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Conte è diverso. L’Inter un’identità ce l’ha.

"Un grande allenatore. Vive di calcio, ha una certezza: si può sempre fare di più e meglio. Cerca la perfezione, non la raggiungerà. Chiede il massimo, lui lo dà. Credo sia dovuto scendere a compromessi, mi rifiuto di pensare che alcuni giocatori arrivati gli vadano bene. Diceva Churchill: non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare".

Ancora troppo difensivisti?

"Esempio: Real Madrid-Inter. I nerazzurri avevano due attaccanti, Lautaro e Perisic. Quanti difensori aveva il Real? Due, Varane e Ramos. Dall’altra parte c’era solo Benzema e tre centrali: D’Ambrosio, De Vrij, Bastoni. Così si è giocato con due in meno. Nel movimento deve esserci il giocatore in più, non nella staticità".

Che dobbiamo aspettarci?

"Mi hanno chiamato alcuni stranieri per chiedermi cosa sta succedendo in Italia, perché si segna così tanto. Quanti club in Italia hanno una visione a lungo termine? Pochi. Il credo dovrebbe essere: vincere, convincere, divertire. Ma qualcuno le mette mai insieme queste tre cose? Da noi conta solo vincere. Così si fa poca strada".

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