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Vezzali: “Superlega? Input sbagliati: oggi conta il denaro, non il merito. I tifosi…”

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Lunga intervista concessa da Valentina Vezzali al Corriere della Sera: la sottosegretaria con delega allo sport ha parlato ovviamente di Superlega

Matteo Pifferi

Lunga intervista concessa da Valentina Vezzali al Corriere della Sera: la nuova sottosegretaria con delega allo sport ha parlato ovviamente di Superlega.

«Io sognavo di vincere ai Giochi. Ce l’ho fatta e sono arrivati i guadagni. Ma i genitori mi avevano indirizzato alla scherma non per i successi ma perché crescessi in un ambiente sano. Oggi gli input sono sbagliati: conta il denaro, non il merito. Ma il denaro deve essere una conseguenza del valore».

"Restiamo alla Superlega: qui i soldi prevalgono.

«Lo sport deve avere altre finalità. Sia i grandi sia i piccoli club possono offrire spettacolo. E sono le squadre minori che permettono ai giovani di sognare di diventare Cristiano Ronaldo».

"E più facile salire in pedana o stare a questa scrivania?

«Non è semplice in entrambi i casi. Ezio Triccoli, maestro di scherma e vita, mi ha spiegato che con il lavoro ogni traguardo è possibile».

"Ci racconta la chiamata di Mario Draghi?

«È arrivata dopo un’intervista nella quale auspicavo che il governo si occupasse dello sport di base. Mi ha chiesto di far parte della sua squadra: conosceva tutto di me e, mi ha confermato il presidente Mattarella, ha fiducia. Ne sono onorata».

"La politica è un animale particolare. Valentina Vezzali si sente libera di agire?

«La politica è servire il Paese. Devo dare risposte a un mondo che nella pandemia ha pagato un prezzo alto».

"Da parlamentare ha denunciato che l’Italia difetta di cultura sportiva.

«È un problema irrisolto, soprattutto nella scuola».

"Un male atavico...

«Nel 1980, in I elementare, ero l’unica bambina che praticava sport. E la maestra sosteneva che mi facesse male».

"Nel 2020 magari non è più così, però le lacune restano.

«Non è possibile che i ragazzi non sappiano fare una capriola e che non ci sia un insegnante di Scienze Motorie nella scuola primaria. La pecca più grave? Gli impianti: senza un piano dedicato non si va da nessuna parte».

"Esiste un modello da seguire per scuola e sport?

«Forse quello americano, però da ‘italianizzare’. L’importante è tutelare chi decide di fare sport e di studiare».

"Lei auspica anche più sport sul posto di lavoro.

«Occorrono palestre nelle aziende: lo sport libera la mente e fa rendere di più».

"Ha una road map?

«La priorità è riaprire palestre, piscine, impianti. Poi vanno definite le competenze tra Coni e Sport e Salute: serve unità».

"Coni e Sport e Salute non vanno d’accordo.

«Nei Dream Team del fioretto ci sono state frizioni. Ma quando si trattava di far vincere l’Italia ci compattavamo».

"Rivedremo presto i tifosi in tribuna?

«La riapertura graduale va in questa direzione».

"A livello personale come ha vissuto la pandemia?

«Ho due figli: Andrea ha 7 anni, ma il maggiore, Pietro, è un adolescente di 15 che non ha vissuto il periodo più bello, quello della prima socializzazione».

"I giovani sono vittime...

«Pietro ha fatto mesi senza andare a scuola, in un anno è ingrassato. Era socievole, ora si è isolato. Un’indagine ha stabilito che un giovane su due ha un disagio psicologico: lo sport deve aiutare i ragazzi a tornare a muoversi e a staccarsi da telefonini e playstation».

"I Giochi di Tokyo: è bene che si tengano, pur con limitazioni?

«Gli atleti hanno già sofferto per il rinvio: non spegniamo il sogno».

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