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Vocalelli: “Non sottovalutate l’Inter di Inzaghi. Il progetto è vincere ancora”

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L'analisi del giornalista: "Quella dell’Inter è stata una Scelta, non un paracadute. Ce n’erano altri di allenatori liberi, ma l’Inter ha voluto Inzaghi"

Marco Astori

Tra le pagine dell'edizione odierna de La Gazzetta dello SportAlessandro Vocalelli, giornalista, ha analizzato così il momento dell'Inter anche in vista della prossima stagione: "Julio Velasco, che conosce le pieghe dello sport, ha espresso un concetto chiaro. «Chi vince festeggia, chi perde spiega». È da qui che riparte l’Inter, con il suo meritatissimo scudetto, ed è piuttosto straordinario che in molti siano invece lì ad affannarsi, per spiegare come e perché l’Inter difficilmente riuscirà a ripetersi. Che non è facile, certo, anzi è la controprova di qualsiasi analisi verrebbe da dire matematica, ma è pienamente nelle corde e nei pensieri nerazzurri.

Perché se è vero che l’Inter ha dovuto cedere Hakimi, e nessuno discute il suo grandissimo valore, è altrettanto vero che la squadra, il gruppo, ha potenzialità notevoli - in qualche caso inesplorate - e la società una straordinaria reattività di fronte alle difficoltà. Lo ha dimostrato nei giorni dell’addio di Conte, evitando di farsi dettare l’agenda e di conseguenza la lista dei possibili sostituti tra quelli senza immediate prospettive. Lo ha confermato nei giorni dello spavento per Eriksen, in cui si è stretta intorno al giocatore ma nel frattempo ha scelto Calhanoglu. Che ha il passo, le caratteristiche, la sterzata per essere il Luis Alberto di Simone Inzaghi.

Già, Simone Inzaghi. Qualcuno, parliamoci chiaro, è prudente, se non scettico, proprio per la scelta dell’ex laziale. E se è comprensibile che Antonio Conte abbia lasciato il segno, è però francamente incomprensibile perché non si apprezzi pienamente la bontà della scelta di Marotta e Ausilio. Perché - e questa è la parola chiave - quella dell’Inter è stata una Scelta, non un paracadute. Ce n’erano altri di allenatori liberi, ma l’Inter ha voluto Inzaghi. Per il suo stile di gioco e non solo.

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Per il suo carattere fermo e conciliante, che hanno le persone innamorate della professione e non di se stesse; per quel calcio scapigliato e ordinato, marchio di fabbrica - e non è assolutamente presunzione in questo caso - di chi sa riconoscersi. Perché l’Inter non continuerà a giocare come faceva con Conte: forse in molti uomini, forse nel modulo, ma con un giro palla - che è quasi tutto - più corto, più veloce, meno arrembante e meno aggressivo; con un’idea di calcio tanto diversa da far sentire i giocatori al centro di un progetto nuovo.

Eh sì, perché il progetto - naturalmente - è di confermarsi, di continuare a vincere. E se, a differenza di quanto sostiene Julio Velasco, in molti chiedono ai nerazzurri di spiegare, resta il dubbio forte che non sia stata compresa pienamente la “rivoluzione” dell’Inter, che per un anno - con Conte - ha accettato una scossa elettrica quotidiana pur di vincere e con Inzaghi (per confermarsi) ha scelto la strada della condivisione. Che vuol dire rinunciare magari a qualche pezzo, ma non alla costruzione del mosaico.

E non a caso, in un mercato difficile per tutti, ha battezzato le sue tre pedine insostituibili: Bastoni, Barella e Lukaku. Il resto lo dovranno fare dirigenti attenti e competenti, una squadra comunque super-competitiva e un allenatore intelligente, che sa bene di non dover giocare la sua partita personale con Antonio Conte. Ma di doversi confrontare con Pioli, Gasperini e i quattro “special” che il mercato allenatori ci ha riconsegnato: Allegri, Spalletti, Sarri e Mourinho. Attenti, però, a sottovalutare il Sim-One nerazzurro. Chi dovesse farlo, farebbe un grande errore. E rischierebbe - per dirla alla Velasco - di prenotarsi subito. Tra quelli destinati a dare spiegazioni", ha concluso.

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