A Motta è stato ribadito che fino alla prossima partita (Juventus-Genoa, 29 marzo) la sua posizione non è in pericolo né lo sarà dopo i colloqui con i giocatori, ai quali è stato ribadito che l’allenatore è lui ed è a lui che devono votarsi. Ma a Thiago è stato chiesto di mettere mano ai problemi più urgenti, a cominciare dall’improvvisa perdita di equilibrio di una squadra che non ha mai rubato l’occhio ma che almeno era difficile da scalfire, almeno fino a quando non ha perso, nel giro di neanche un mese, tutte le gare chiave. Motta dovrà applicare più semplicità e più linearità ai suoi metodi di lavoro, perché non è il momento delle decisioni estemporanee come quelle di Firenze, con una linea difensiva improvvisata e mal assortita, la posizione incomprensibile di Koopmeiners e McKennie, l’incapacità di organizzare il recupero della palla, la rinuncia aprioristica a Vlahovic e quelle sostituzioni che hanno fatto inorridire anche Del Piero in tv.
La squadra fatica a capire la ratio di molte scelte dell’allenatore, accusato di non essere abbastanza empatico con i giocatori. Il suo metodo, d’altronde, non prevede la confidenza ma il confronto diretto in pubblico, senza mai nulla da nascondere: Thiago Motta è una persona onesta e trasparente, per cui non ha alcun problema a esporre i suoi pensieri e le sue osservazioni al gruppo per intero anziché usare il paravento del privato. La società gli ha chiesto di ascoltare di più le richieste dei calciatori, che però nel confronto pubblico quasi mai prendono la parola. L’allenatore vorrebbe da loro più carattere e una personalità più spiccata. E dalla dirigenza, qualche pungolo in più: è un dato di fatto che le colpe dei disastri stanno ricadendo in buona parte su Thiago e in seconda istanza sulla società, che ha sbagliato il mercato estivo e forse pure quello invernale, mentre sui giocatori nessuno punta il dito e soprattutto non lo punta il club. Deresponsabilizzata in questo modo, alle prime difficoltà la squadra ha reagito tenendosi al coperto, esattamente come è successo nei due anni di Allegri: dopo un’andata da vertice, il girone di ritorno è sempre stato disastroso. L’ambiente si sfalda e i calciatori non fanno che assecondare la tendenza", si legge.
© RIPRODUZIONE RISERVATA