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Spalletti: “No al Milan? Disagio vero. Non potevo accettare che all’Inter si brindasse per…”

Redazione1908
Una decisione sofferta che Luciano spiega nel dettaglio all'interno del suo libro

Luciano Spalletti ha raccontato nel suo libro appena uscito ("Il paradiso esiste... Ma che fatica!") i momenti più significativi della sua carriera, rivelando i retropensieri che hanno accompagnato le sue scelte.

Dopo essere stato mandato via dall'Inter (sulla panchina dei nerazzurri si sarebbe seduto Antonio Conte), Luciano venne contattato da numerosi club. Tra questi c'era anche l'altra squadra di Milano, il Milan. "Il mio no al Milan? Non fu facile. Sarebbe stata una sfida eccitante. Di sicuro, non ci saremmo annoiati, né io né i calciatori, meno che mai i tifosi rossoneri. Magari, in molti avranno pensato all'epoca all'ennesima versione del marito che si taglia i genitali per fare dispetto alla moglie, dove il marito sarei io, la bella amante il Milan, e la moglie l'Inter di decisione sofferta e, come sempre questi casi, non c'era una sola ragione alla base. Padroni di crederci o no, la motivazione più importante fu un mio disagio profondo, non la volontà di fare uno sgarbo ai dirigenti dell'Inter. Meno che mai fu un "no" al Milan, un club pieno di fascino, una suggestione enorme per uno che fa il mio mestiere", racconta l'allenatore.

Luciano Spalletti non nasconde la delusione mista a risentimento per la decisione della dirigenza dell'Inter. "Era stata l'Inter a mandarmi via, potevo andarmene al "nemico" con la coscienza a posto e il cuore leggero, forse anche con un piccolo, comprensibile sentimento di rivincita. Ma la mia testa non funziona così. Non me la sentivo di ferire chi mi aveva sempre rispettato, in molti casi amato: i tifosi nerazzurri. Ammetto, odio l'ipocrisia, non avevo metabolizzato quello che io consideravo un torto che non meritavo. In qualche angolo della mia anima ferita c'era una resistenza ad accettare l'idea che qualcuno all'Inter potesse brindare per essersi liberato del contratto di Spalletti. Un peccato di orgoglio? Chiamatelo così. Ero stato bocciato - se non messo in croce - perché nell'ultima stagione ero uscito dalla Champions in un girone con Tottenham e Barcellona, e perché mi ero assunto la responsabilità di fare le mie scelte a difesa di un gruppo che si stava sfaldando", spiega Spalletti analizzando il momento difficile che l'addio all'Inter ha rappresentato per lui.

"Qualcuno può pensare che non sarebbe stato gratificante per me unirmi a quel Milan di Boban, Maldini e Massara? Il Milan mi voleva, l'Inter non mi voleva più. Da un lato sarebbe stata contenta di liberarsi di un ingaggio importante, allo stesso tempo temeva, immagino, che potessi fare bene sulla panchina rossonera. No, non potevo fare la guerra al popolo interista e non potevo nemmeno fare la guerra a me stesso. Mi conosco. Accettare il Milan in quel momento non me lo sarei perdonato. Così me ne restai a Montaione, dove mi ero rintanato dopo l'avventura con l'Inter: tornai ai miei campi, a fare la mia vendemmia, a stappare il mio vino. Bordocampo, Contrasto, Rossodiretto, Rabona e Tra le Linee. I sessant'anni conferiscono una certa saggezza. E pazienza se qualcuno la chiama in un altro modo", conclude Luciano Spalletti nel suo libro.