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Milito: “Lautaro? Atletico era avanti, ho chiamato Zanetti. Inter super, segreto Calhanoglu”

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Della sfida tra Inter e Atletico e di Lautaro Martinez, che era stato molto vicino all'Atletico Madrid, ha parlato l'ex eroe del Triplete
Andrea Della Sala Redattore 

Della sfida tra Inter e Atletico e di Lautaro Martinez, che era stato molto vicino all'Atletico Madrid, ha parlato l'ex eroe del Triplete nerazzurro Diego Milito a La Gazzetta dello Sport:

Milito, se non ci fosse stato di mezzo lei oggi Lautaro giocherebbe nell’Atletico?

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«Semplicemente l’Inter è stata più brava e pronta a prenderlo. Quando sono entrato nella dirigenza Racing, le discussioni erano avanti con l’Atletico: ballavano un paio di milioni, non di più. Ho chiamato Javier Zanetti perché sapevo che anche loro lo seguivano e a quel punto hanno accelerato: Ausilio è venuto qua e abbiamo chiuso. Non penso di aver fatto niente per spingerlo da una parte o dall’altra, ma sono comunque contento che sia andata così».


Beh, quella chiamata ha avuto un effetto...

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«Ma il merito resta solo dell’Inter. Hanno colto l’attimo e sono stati rapidi per realizzare un colpo eccezionale. Sapevo che Milano era la scelta giusta per Lautaro: lì un argentino si sente sempre a casa. Attenzione, anche all’Atletico avrebbe sfondato perché i campioni possono giocare ovunque, ma il filo Inter-Argentina resta qualcosa di speciale».

Si poteva intuire già all’epoca il talento, ma lei immaginava che sarebbe diventato così forte?

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«Ne ero sicuro perché lo conosco sin da bambino. Lauti sa imparare da se stesso e questa leadership, che ora tutti vedono, è una dote naturale. È qualcosa che ha dentro. Si è preso il tempo giusto per crescere, anno dopo anno, senza mai fermarsi. Ed è ancora giovane, può solo migliorare».

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Migliorerebbe più rinnovando con l’Inter o andando altrove?

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«Certe decisioni sono personali, ma so quanto si trovi bene a Milano e quanto all’Inter abbia trovato l’ambiente giusto. Può davvero diventare una bandiera nel lungo periodo: essere capitano e punto di riferimento di un club e di un intero popolo lo responsabilizza. Poi, certo, nel calcio ci sono sempre tante varianti...».

Con Thuram ha trovato il partner ideale?

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«È stato un feeling spontaneo, immediato, come capita a volte ai grandi giocatori. È sempre Lautaro, però, che fa sentire comodo l’altro attaccante al suo fianco: era così con Dzeko e Lukaku, è così anche con Thuram. Il Toro possiede questo potere magnifico, ma anche Marcus ha qualcosa di straordinario dentro: essere così decisivi nel primo anno in Italia è molto raro».

L’Atletico ne ha perse 8 e l’Inter 2: come la vede a San Siro?

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«La vedo molto molto dura, sarà un match tostissimo. L’Inter può considerarsi un filo superiore per come arriva: è una delle migliori squadre d’Europa, con una precisa organizzazione e individualità altissime, ma di fronte stavolta si trova un allenatore furbo e preparatissimo. Simeone nelle difficoltà riesce sempre a dare qualcosa in più e a tirare fuori il meglio dai suoi. In più ha giocatori di esperienza come Griezmann e De Paul. Vedremo chi prenderà il controllo del centrocampo perché è lì che si decide».

Che rapporto ha con il connazionale Simeone?

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«Non ho giocato né con lui né per lui. Ma da argentino ho una stima infinita. Poi ci unisce l’amore per il Racing: a differenza mia, di Lautaro e anche di De Paul, lui non è cresciuto nel nostro settore giovanile, ma è un gran tifoso. Ha realizzato il sogno di giocare con la nostra maglia nell’ultimo anno di carriera e poi da lì ha subito allenato la prima squadra».

Simeone da giocatore ha vinto con Inzaghi. Da allenatori, li vede così diversi?

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«Ognuno ha la sua ricetta e il suo modo di gestire lo spogliatoio. A livello tattico, invece, soprattutto quest’anno, sono molto simili: giocano con tre centrali dietro. Anche Inzaghi ha fatto un lavoro unico e non ha mai tradito se stesso. Ora gli auguro di tornare in fondo alla Champions, vincendola. Senza scordare la seconda stella, ovviamente».

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Anche lei percepisce una netta preferenza per la stella?

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«Sì, vedo questa “ossessione” per il campionato ed è anche normale perché questo titolo è speciale, storico. Ma l’Inter deve giocare al massimo in ogni competizione: ha tutto per arrivare in fondo anche in Europa».

Alla fine dei giochi, dove sta il segreto di questa squadra?

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«Si è raggiunto un livello stratosferico grazie al collettivo, ma c’è un pezzo del puzzle che permette di incastrare tutti gli altri. Per me è Calhanoglu, insostituibile».

C’è qualcosa di “tripletista”?

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«Epoche diverse, squadre diverse, inutile paragonare. Certo, si respira una bella atmosfera come ai miei tempi e anche adesso la qualità non manca...».

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