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Tutte le cose che ci mancheranno dell’Inter di Simone Inzaghi

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Quattro anni di Inter "belli veri"
Sabine Bertagna Vice direttore 

Giudicare le scelte degli altri è uno sport che sulla carta sembra piuttosto facile. Non lo è. Simone Inzaghi, in questi bellissimi quattro anni di Inter, è stato giudicato moltissimo. Fa parte del gioco e quando sei un allenatore intelligente, semplicemente lo sai. Ogni tanto presti il fianco, ogni tanto respingi i colpi. Sai che a parlare è sempre e solo il campo. E allora vivi per il campo anche quando sei a casa. I tuoi pensieri, ora dopo ora, sono sempre lì. Appiccicati all'Inter. Perché quando ci sei dentro non esiste un modo diverso di fare le cose. Sprofondare come una cosa sola nei colori nerazzurri diventa un sentimento, che a volte ti regala l'ebbrezza più bella. Ogni tanto anche le notti più cupe.

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La notte più cupa sembra ieri, anche se i giorni trascorsi incominciano ad aumentare. Il sentimento pesante, quello di quando digerisci poco e male, è ancora lì nello stomaco a dare fastidio. Cacciare le domande è un imperativo di sopravvivenza, ma prima o poi dovremo trovare anche delle risposte. L'Inter vista a Monaco non aveva nulla dell'Inter conosciuta in questi quattro anni. Era un animale stanco, rassegnato, maldestro. La brutta copia di Inter bruttine intraviste qui e là in una stagione lunghissima, ma comunque vive. Non c'era sentimento, non c'era orgoglio, non c'era. Questa Inter, volata a Monaco nell'entusiasmo della battaglia epica vinta contro un Barcellona pericolosissimo, semplicemente non c'era. Non più.

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E così, dopo quattro anni belli veri ma anche sfiancanti, la decisione di Simone Inzaghi di salutare (indipendentemente dalla scelta o dai soldi o da quello che volete voi) non appare così fuori luogo. Si è chiuso un ciclo e tenerlo in vita con indecisioni o dubbi non avrebbe avuto senso. Quello che appare certo è che Simone Inzaghi ci mancherà. Con lui abbiamo visto giocare Inter meravigliose, a tratti perfette. I suoi spartiti richiedevano interpretazioni altisonanti e quando tutto questo meccanismo iniziava a girare c'era da stropicciarsi gli occhi. I giocatori non si sacrificano per chiunque. Per lui - che questa Inter l'ha rispettata in maniera egregia - lo hanno fatto con un'applicazione enorme.

Inter Inzaghi

Di Simone Inzaghi ci mancheranno anche l'educazione e il rispetto perché questi sono valori - nel calcio come nella vita - che non si trovano ovunque. Essere o non essere una brava persona non è per nulla un dettaglio. Ci mancherà quella felicità schiva di quando la curva e lo stadio lo chiamava a gran voce e allora, ogni tanto, quel saltello lo faceva e l'espressione per un attimo era quella di un bambino felice senza pensieri.

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Marotta con Inzaghi ha fatto bingo, i risultati ne sono una prova. Non si è lamentato, ha lavorato con i giocatori che aveva, inseguendo il bene della società. A volte, invece, Inzaghi avrebbe potuto farlo notare di più questo gap tra i risultati sportivi e il mercato povero, con i soldi contati. Le difficoltà incontrate nell'affrontare tre competizioni, giocando una sessantina di partite, erano ragionevolmente prevedibili con questa rosa (e gli inevitabili infortuni dettati dalla interminabile stagione). Non aver provveduto nel momento giusto non è però una colpa di Simone Inzaghi. Sono stati quattro anni ricchi di emozioni, che a tratti  ci hanno travolto e spesso viziato. La seconda stella vinta in casa del Milan è un pezzo di storia che nessuno dimenticherà. Mi vengono in mente le parole del fratello Pippo, proprio dopo quell'incredibile vittoria. "Simone è un grande allenatore. Sono contento perché ora se ne sono accorti tutti", aveva detto l'ex giocatore del Milan. Ci ricorderemo anche di questo, Simone. Di come tu non ti sia mai preso troppi meriti. Anche quando te li meritavi tutti. Lo sanno i giocatori, lo sanno i tifosi e lo sa l'Inter. Buone cose, mister Simone Inzaghi!