- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
news
Bini: “All’Inter dopo che Herrera mi vide a un provino. Bersellini ci massarava”
Graziano Bini, ex difensore e capitano dell'Inter, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport: "Ho fatto la mia parte. Ho sempre spinto e tirato la carretta, ho cominciato presto. A 17 anni l'esordio in Serie A con l'Inter, allenatore Invernizzi. A 21 anni mi sono sposato. E poi ho lavorato tanto nel calcio, ma mi piaceva molto, non ho mai sentito la fatica".
Ha fatto altri mestieri?
"Poco. Il panettiere nel forno di mio nonno a San Daniele. D'estate consegnavo le rosette e le michette, in bicicletta. Ma poi andavamo nella nostra cascina dove c'era un grande cortile, un'aia enorme e un muro, giocavamo contro il muro. Sempre, dalla mattina alla sera. Poi anche l'oratorio. E a 13 anni sono andato all'Inter".
Come è successo?
"Un rappresentante che portava la farina al nostro negozio mi ha visto palleggiare e ha detto a mio padre: 'Conosco bene Ottavio Bugatti, il grande portiere, quello che ha giocato nell'Inter. Adesso fa l'allenatore delle giovanili. Se vuoi facciamo fare un provino al ragazzo'. Papà era scettico, ma siamo andati a un raduno a San Pellegrino".
Hanno scritto: preso al volo. Giusto?
"Volevo venir via subito. Ho fatto un provino difficile, contro la squadra De Martino, c'era Mauro Bellugi, sotto la pioggia. Una pioggia pazzesca, ho toccato sì e no due palloni. Mio padre mi ha preso per mano e ha detto: 'Via via, andiamo via'. Un dirigente ci ha fermati: 'Ma dove andate? Vede quel signore là in piedi, con l'impermeabile giallo? Quello è Helenio Herrera e ha detto di prendere quel ragazzo alto della difesa'. Era il 1968. Sono diventato interista".
Una vita da vecchio cuore nerazzurro.
"Una bella, calda vita. Tante partite, qualche gol di testa, compagni meravigliosi. Veramente. C'è stato un momento in cui in prima squadra giocavamo in otto, tutti cresciuti nelle giovanili: io, Bordon, Oriali, Canuti, Baresi, Ambu, Muraro e Pancheri. Più Occhipinti che ha fatto l'ultima partita dello scudetto. Eravamo amici, fratelli, ci si voleva bene".
E c'era Eugenio Bersellini.
"Bravissimo, grande educatore, duro, poche parole, ma chiaro e onesto. Non guardava in faccia a nessuno. Lavoro, rapidi e via. Anche a tavola: non si doveva perdere tempo e si mangiava in fretta. Dieci minuti e basta. Lui dopo ogni portata mangiava una mela. Ci ha insegnato molto, ma ci ha massacrato… Aveva la mania dei ritiri. Eravamo sempre ad Appiano. Domenica giocavi in campionato e, se c'era la coppa, subito in ritiro. Tutti i giorni, anche il venerdì. E allora i miei compagni mi hanno incaricato di andare da lui e parlare. Cercare, insomma, di convincerlo a lasciarci a casa almeno un giorno, il venerdì. Eravamo giovani, fidanzati, sposati da poco. 'Provaci tu, Bino, magari ti ascolta'".
E lei ci ha provato?
"Sì, una sera sono salito nella sua stanza-ufficio. Ho bussato, un 'avanti' gentile. 'Mister, dovrei parlarle di una cosa'. E lui: 'Sì, Bino, ti ascolto, chiedimi pure quello che vuoi, ma non parlarmi del ritiro. Capito?'. Già, capito".
Con il "Sergente Bersella" però avete vinto.
"Un grande scudetto, in testa dall’inizio alla fine. Potevamo vincerlo anche l'anno dopo, ma siamo arrivati stanchi e stressati. Ricordo una pazza partita a San Siro contro il Catanzaro. In vantaggio di due gol ci siamo fatti raggiungere. E altre sconfitte di misura".
L'Inter è sempre stata un po’ pazza.
"Alti e bassi, è la storia. Ma una gran bella storia, come la mia. Ho giocato, vinto, ho sofferto, mi sono divertito".
Bini grande libero nell'Inter, ma niente Nazionale. Il motivo?
"Molto semplice. Avevo davanti due, come si diceva una volta, extraterrestri. Prima Scirea e poi Franco Baresi. E io ero in mezzo. Loro erano giganti, mostruosamente bravi. E io ero lì, chiuso, contento di stare in mezzo. Che cosa dovevo fare? Ho giocato qualcosina nelle Under, roba minima. Ero libero di… sognare".
E che cosa sognava?
"Di fare il titolare nell'Inter. Ci sono riuscito. Di giocare con Burgnich e Facchetti, due monumenti. E ci sono riuscito. Mi hanno insegnato molto. Ho avuto grandi compagni e grandi allenatori, anche Helenio Herrera che mi aveva scelto in quel provino pieno di pioggia. In Coppa dei Campioni, nel 1981, a San Siro ho segnato un gol al Real Madrid. Abbiamo vinto 1-0, ma non è bastato per arrivare in finale".
Di lei si diceva: ha una muscolatura complessa, con infortuni delicati. Era così?
"In un certo senso. Nel 1984 ho avuto anche il 'piede freddo'. Un avversario mi ha toccato una vena con il tacchetto, si è fatta una crosta e il sangue non passava. Mi hanno operato e, dopo 345 partite ufficiali e 13 gol, è finita la mia carriera all'Inter".
Piede freddo, come quello di Meazza. È in buona compagnia...
"Non lo so, ma solo l'accostamento all'immenso Pepin fa venire i brividi. Un mito. Lui era l'Inter".
© RIPRODUZIONE RISERVATA