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La sua Inter dovette superare un duro scoglio negli ottavi: il Borussia Mönchengladbach. Un doppio confronto che la vide protagonista.
«La famosa lattina… Beh, che si trattasse di una lattina di coca-cola lo venni a sapere dopo, da Mazzola. Però confermo una volta di più che un oggetto pesante mi colpì alla nuca, facendomi perdere i sensi. Brutta botta».
Lei fu preso alle spalle: impossibile scansarsi.
«Stavo rimettendo il pallone dal fallo laterale, lo stadio era piccolo, avevamo il pubblico a un metro e mezzo: per il lanciatore non fu difficile centrarmi con forza».
Si disse all’epoca che dopo le cure immediate sul terreno avrebbe voluto riprendere a giocare.
«Modestamente se c’era da alzare i gomiti, in campo mica al bar, non mi tiravo mai indietro… Il nostro medico mi sconsigliò e venni accompagnato negli spogliatoi, dove nell’intervallo l’arbitro entrò per sincerarsi delle mie condizioni».
Intanto l’Inter era crollata: finì 7-1 per i tedeschi. Una debacle.
«Loro avevano gente forte come Netzer, Vogts, Bonhof, Heynckes, Le Fevre… E la nostra squadra smise di giocare, mentalmente erano usciti dal campo dietro di me… Convinti di avere la vittoria a tavolino, cosa prevista dalle norme Figc, non da quelle Uefa, ma non lo sapevamo… Fu bravo l’avvocato Prisco a evidenziare le lacune giuridiche del regolamento internazionale. Così ottenne l’annullamento del match con ripetizione fissata a Berlino da disputarsi dopo la gara di San Siro, dove fummo noi a dargliene quattro. Segnai anche io».
A Berlino l’Inter blindò lo 0-0 iniziale.
«Ricordo una caccia all’uomo, con colpi assai duri perdonati dall’arbitro. Nel finale il loro stopper, Müller, mi fa cenno che vorrebbe scambiare la maglietta. Acconsento volentieri, pensando che tanti tedeschi avevano ancora in mente Italia-Germania, dove fui protagonista del gol iniziale e poi dell’assist a Rivera per il 4-3».
Insomma, era famoso pure là…
«Eh, eh, possiamo dire così. Peccato che due minuti dopo quel Müller mi fa un’entrataccia da dietro talmente scombinata che cadendo vado a finire con il peso del corpo sulla sua tibia. Risultato: io termino la gara e lui esce con la tibia fratturata. Lo rividi anni dopo a una partita di beneficienza, gli chiesi il motivo di quel fallaccio e lui rispose “Mi sono rovinato la carriera per dieci secondi di follia”».
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