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Bordon: “Inter, tanti momenti caldi: Heriberto Herrera ci controllava sempre. Ora Sommer…”

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex portiere dell'Inter Ivano Bordon ha parlato del suo passato e dei portieri moderni
Andrea Della Sala Redattore 

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex portiere dell'Inter Ivano Bordon ha parlato del suo passato e dei portieri moderni

18 campionati di A, solo Inter e Samp. Due sole squadre e un debutto (novembre 1970) nel derby con il Milan.

«Non è stato un grande esordio. Avevo diciannove anni, sono entrato nel secondo tempo al posto di Lido Vieri, il mio maestro, sull’uno a zero per loro. Io ne ho presi altri due, ma poi abbiamo vinto lo scudetto. Dopo il derby hanno esonerato Heriberto Herrera e promosso Invernizzi. Ho giocato solo nove partite, ma ero in campo a Catania nel giorno del sorpasso sul Milan».


Heriberto, detto HH2. Tutti ne parlano male. Era veramente un martello asfissiante?

«Maniaco delle diete, controllava in maniera ossessiva la vita dei giocatori. Ci pesava continuamente, ci chiamava alla sera, voleva sapere dove eravamo, cosa facevamo. Io dividevo l’appartamento con Mauro Bellugi. Heriberto telefonava: “Siete in casa? Me passi por favor el Mauro”. Io dicevo: “Mister, Mauro è andato giù a buttare la spazzatura”. Non era vero, Bellugi era in giro per gli affari suoi. E Heriberto allora minacciava: “Se non c’è, multa”. Non si viveva bene. Poi si era messo contro i senatori della Grande Inter, lasciando fuori rosa Jair e Bedin. Capirai... L’hanno mandato via, con Invernizzi siamo diventati campioni d’Italia».

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Il primo dei suoi due scudetti all’Inter. Nell’altro c’era Bersellini. Lo chiamavano il Sergente. Anche lui martello?

«Ma no. Era un grande uomo e non lo dico perché con lui sono arrivato in Nazionale. Sì, Eugenio era severo, qualche volta duro. Ma un educatore, sempre chiaro e onesto».

Racconti di quando ad Appiano si è rotto il riscaldamento.

«Veniva dalla Val di Taro e ci parlava della sua difficile infanzia. Una sera, in ritiro, in pieno inverno, si bloccano i termosifoni. Gli diciamo: “Mister, fa un freddo boia, noi andiamo a dormire a casa”».

E il Sergente come risponde?

«Fa una faccia che non ti dico: “Cooosa? Voi siete dei giocatori con vantaggi e benefici. Avete visto “L’albero degli zoccoli”? Bene, guardatelo e provate a pensare a quei contadini, ai loro stenti e ai sacrifici per dare da mangiare ai figli. Avete freddo? Una coperta in più e buonanotte”».

E i momenti caldi con l’Inter?

«Tantissimi. Scudetti, derby, grandi compagni. Burgnich, Facchetti, Mazzola, Boninsegna, Corso… Un ambiente straordinario, emozioni. Sì, compresa la lattina contro il Mönchengladbach in Coppa dei Campioni. Boninsegna colpito, perdiamo 7-1, l’avvocato Prisco fa ripetere la partita e io paro un rigore, facciamo 0-0 e ci qualifichiamo ai quarti. Nel 1971, a Berlino, crocevia della mia storia calcistica. Lì, 35 anni dopo, con la Nazionale vinco il mio secondo Mondiale, preparatore del grandissimo Buffon. Che bel posto Berlino».

Ha giocato con Zoff in azzurro e lavorato con Buffon alla Juve. Chi scegliamo?

«La domanda delle cento pistole. Dino il più bravo della sua epoca, Gigi il migliore nella sua».

E quelli di adesso?

«Tutti bravi, come dice il mio maestro Lido Vieri. Maignan, De Gea, Meret, Carnesecchi, Di Gregorio… E il Sommer della mia grandissima Inter».