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Racconti di quando ad Appiano si è rotto il riscaldamento.
«Veniva dalla Val di Taro e ci parlava della sua difficile infanzia. Una sera, in ritiro, in pieno inverno, si bloccano i termosifoni. Gli diciamo: “Mister, fa un freddo boia, noi andiamo a dormire a casa”».
E il Sergente come risponde?
«Fa una faccia che non ti dico: “Cooosa? Voi siete dei giocatori con vantaggi e benefici. Avete visto “L’albero degli zoccoli”? Bene, guardatelo e provate a pensare a quei contadini, ai loro stenti e ai sacrifici per dare da mangiare ai figli. Avete freddo? Una coperta in più e buonanotte”».
E i momenti caldi con l’Inter?
«Tantissimi. Scudetti, derby, grandi compagni. Burgnich, Facchetti, Mazzola, Boninsegna, Corso… Un ambiente straordinario, emozioni. Sì, compresa la lattina contro il Mönchengladbach in Coppa dei Campioni. Boninsegna colpito, perdiamo 7-1, l’avvocato Prisco fa ripetere la partita e io paro un rigore, facciamo 0-0 e ci qualifichiamo ai quarti. Nel 1971, a Berlino, crocevia della mia storia calcistica. Lì, 35 anni dopo, con la Nazionale vinco il mio secondo Mondiale, preparatore del grandissimo Buffon. Che bel posto Berlino».
Ha giocato con Zoff in azzurro e lavorato con Buffon alla Juve. Chi scegliamo?
«La domanda delle cento pistole. Dino il più bravo della sua epoca, Gigi il migliore nella sua».
E quelli di adesso?
«Tutti bravi, come dice il mio maestro Lido Vieri. Maignan, De Gea, Meret, Carnesecchi, Di Gregorio… E il Sommer della mia grandissima Inter».
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