Si può dire che Galliani sia stato l'ultimo grande dirigente del calcio dei mecenati e Marotta il primo dell'era dei fondi?
"Il calcio è sempre uguale. Secondo me bisogna rispettare certi valori, che non hanno età: il calcio italiano deve ripartire dalla classe dirigenziale. Il pallone è un sentimento, non può essere solo soldi e business: bisogna trasmetterlo nuovamente. Io non parlerei di due ere diverse: la priorità è sempre stata quella di trovare un equilibrio, sportivo ed economico-finanziario. Ci sono stati grandi presidenti e dirigenti in passato, che il calcio lo vivevano come una passione. Oggi si parla solo di bilanci: se ne parlava anche prima, per carità, ma la verità è che alla fine il tifoso va allo stadio per vedere la propria squadra vincere. La passione smuove tutto".
La miglior qualità di Galliani e la migliore qualità di Marotta?
"Domanda da 50 milioni. Galliani ha una grandissima abilità nel negoziare, cosa molto complicata. E una grande capacità nel gestire una società di calcio, come Marotta che ha una capacità incredibile di fare sintesi. Hanno approcci diversi, ma entrambi raggiungono gli obiettivi. Le loro carriere parlano per loro".
Più facile il secondo scudetto consecutivo dell'Inter o la salvezza del Monza?
"I numeri del Monza sono impietosi, purtroppo: glielo auguro, peraltro ho iniziato la mia carriera da dirigente al Monza con Galliani e prima ancora avevo giocato con quella maglia. Non posso che dire che sarà durissima. L'Inter invece è prima ed è l'unica italiana in Champions: a Marotta posso solo augurare il meglio e dire che, con quella squadra, per lui tutto è possibile".
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