"Ho perso la speranza. Sapevo che dopo la fine del contratto con la Samp non sarebbe stato facile e ne ho avuto riscontro in questi mesi, in cui comunque nessuno mi ha chiamato. Quindi meglio accettare che è finita e andare avanti".
Ha mai sentito il bisogno di parlare con uno psicologo?
"No, ed è stato un grande errore. La verità è che non mi sono mai realmente reso conto di quanto ne avessi bisogno. Tornassi indietro lo farei sicuramente. Probabilmente sarei riuscito a gestire tutto un po’ meglio".
Si può dire che il ginocchio sia diventato il suo più grande avversario?
"Assolutamente sì. Non esiste un giorno in cui apro gli occhi e non penso al mio ginocchio. Non c’è un momento in cui non ci sto attento. E le parlo della vita, non solo mentre gioco. Mi blocca, mi rallenta. Un esempio? Non riesco ad abbassarmi sulle ginocchia, a piegarmi".
C’è qualcuno in particolare da cui si è sentito abbandonato?
"Per questo sono stato male a lungo. Il calcio è un mondo che mi ha preso, coccolato e poi allontanato e dimenticato. In tante cose sono stato lasciato solo, soprattutto da chi diceva di volermi bene. Anche perché penso sia facile aiutarti quando giochi al Milan, in nazionale e va tutto bene. È diverso quando cadi, lì si vede chi ti sta vicino veramente. E io queste persone le conto sulle dita di una mano, purtroppo".
All’Atalanta è esploso con Gasperini. È il miglior allenatore mai avuto in carriera?
"Sì, lo metto al primo posto. Personalmente gli devo tantissimo e posso solo che parlarne bene: ti massacra in allenamento, ti spinge a dare tutto, ma poi in campo la domenica ne raccogli i frutti. Voli e non te ne accorgi. In più, sai sempre cosa fare senza che lui ti dica nient’altro. Non è uno che parla tanto con i giocatori, non dà eccessiva confidenza ma riesce sempre a toccare le corde giuste quando serve".
Succede spesso che tanti giocatori vadano via dall’Atalanta e poi non rendano come prima. Come se lo spiega?
"Quando ti alleni con Gasperini vai a mille all’ora e lavori tantissimo. Poi cambi squadra e il carico è molto diverso e un po’ ti influenza. Poi ci si aggiunge le pressione, il fatto che vieni pagato tanto e che aumentano le responsabilità. In molti non sono riusciti a reggere tutto questo. A livello mentale può essere complicato".
Al Milan, invece, è stato allenato da Pioli. Che ricordi ha?
"Con Pioli mi sono trovato benissimo, anche se sono un po’ combattuto nel giudizio. Quando lui è arrivato al Milan ho iniziato a giocare sempre, poi mi sono rifatto male e da lì in avanti per lui sono sparito. Era come non mi vedesse. Non mi ha mai dato una spiegazione, né nulla. Diciamo che è stato un ultimo schiaffo, perché mi sentivo bene".
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