Alessandro Costacurta ha attraversato quasi tre decenni in rossonero, dal 1979 al 2007. Una vita in una maglia sola. "Il senso di appartenenza è un bisogno di lealtà, di rispetto. Ora i tempi sono cambiati e quel senso di appartenenza si è perso. Non è colpa di nessuno. È la società che è cambiata", racconta l'ex difensore in un'intervista a Il Giornale.


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Costacurta: “Ero amico degli interisti. Acerbi senza rispetto. Che fai? I tuoi compagni avevano…”
Lei non ha mai lasciato la maglia Milan...
—"A trentacinque anni ho avuto un'offerta da una squadra americana. Era un'occasione. L'ho rifiutata".
Se ne pente?
—"Sì. È un mio rimpianto. Avrei fatto un'esperienza importante, sarei una persona diversa da quello che sono. Forse migliore".
Però dopo quel rifiuto ha vinto altre due Champions League...
"Vincerne cinque o vincerne tre non cambia molto".
È vero che nel calcio è cambiata la mentalità?
"Io giocavo con 15 italiani ed eravamo la squadra più forte al mondo. Oggi mi pare che il Milan abbia un solo italiano titolare: Gabbia".
Con Sacchi come si è trovato?
—"Arrigo Sacchi è stato il Leonardo del rinascimento del calcio italiano".
Poi la maglia azzurra...
—"Io giocavo in Nazionale con Maldini, Nesta, Vieri, Baresi, Del Piero, Baggio, Walter Zenga in porta. C'erano i giocatori più forti del mondo. Oggi nella Nazionale chi potrebbe mai essere considerato tra i più forti al mondo? Forse solo Barella".
C'è un problema di generazione?
—"Sì".
Come mai?
—"Sono stato in Slovenia e mi chiedevo come potessero nascere tanti campioni in uno Stato così piccolo. Un allenatore di lì mi ha detto: Perché qui i ragazzini giocano per ore e ore e si sporcano col fango. Da voi no. Le magliette restano pulite. Forse ha ragione lui".
La sua educazione in campo è sempre stata un tratto distintivo.
—"Oggi tutto è diverso. Noi giocavamo il derby e con molti giocatori dell'Inter eravamo amici. Con Ferri, con Bergomi, con Zenga, con tanti altri avevamo giocato insieme alle giovanili, ci conoscevamo da anni. Se uno faceva fallo l'altro gli stringeva la mano, poi ci incontravamo al ristorante, in discoteca. Era diverso. Oggi la maggior parte dei giocatori sono stranieri, stanno qui due o tre anni e poi vanno via, c'è molta più estraneità. Io giocavo con persone che conoscevo, che stimavo".
Lei conta 59 presenze in Nazionale. Cosa voleva dire la maglia azzurra?
—"I momenti più belli della mia vita da calciatore. I tempi sono cambiati. Non capisco la scelta di Acerbi. Ma come? Noi tremavamo prima delle convocazioni. Quando non sono stato più convocato dopo il mondiale del '98 sono stato davvero male".
Si è arrabbiato con Zoff che l'aveva messa fuori?
—"Ho compreso la scelta. Ma sono stato molto male".
Ora invece?
—"Acerbi non ha avuto rispetto per i compagni di squadra. Avevano bisogno di lui. La squadra aveva bisogno di lui! Lo sai, no? E tu che fai? Dici di no per una questione di orgoglio? Ma che cosa fai?".
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