All’Inter dal 2001 al 2005, Emre Belozoglu, ex centrocampista nerazzurro e attuale allenatore dell'Antalyaspor ha 5 gol e 12 assist in 115 partite. Il turco, che ha vinto una Coppa Italia con l’Inter ha rilasciato un’intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.


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Emre: “Sogno di allenare l’Inter. Su 5 maggio, Calhanoglu, Ronaldo e Vieri…”
"Ci sono alti e bassi, ma non mollo. Voglio migliorarmi ogni giorno: studio altri tecnici e guardo moltissime partite. Sento che sono sulla strada giusta, sogno di allenare l’Inter".
Quali sono i migliori ricordi degli anni a Milano?
"In quella squadra c’erano tantissimi grandi giocatori e molti leader. Poter lavorare con idoli come Ronaldo e Zanetti è stata una vera fortuna. Abbiamo lottato ogni anno fino alla fine in una Serie A con squadre fortissime: Juventus, Milan, Roma, Lazio... In quegli anni era come la Nba!".
Però poi tutti quegli infortuni...
"La vita sa essere sfortunata. Mi sentivo forte, pensavo di poter risolvere qualsiasi problema in campo, ero anche un po’ sfacciato. Poi sono arrivati i problemi fisici e lontano dal campo non riuscivo a gestire le emozioni, spingevo per rientrare senza affrontare le difficoltà faccia a faccia, non ero abbastanza maturo. Se avessi avuto la testa di oggi ai tempi dell’Inter, avrei scritto un altro finale della mia storia".
Che rapporto aveva con Massimo Moratti?
"Non ho mai conosciuto un presidente come lui, autorevole ma mai aggressivo o autoritario. Era un vero gentiluomo e lo si percepiva, un padre di famiglia".
Come aveva saputo dell’interesse dell’Inter?
"Moratti venne a Istanbul con Facchetti prima della fine del mio contratto con il Galatasaray e disse che voleva ingaggiarmi. Poi sono volato a Milano, un’emozione incredibile: il giorno della firma c’erano tantissimi giornalisti presenti".
Se dico 5 maggio 2002?
"La Lazio… Uno shock totale. Non ce lo aspettavamo perché eravamo fortissimi, motivati, concentrati al massimo negli spogliatoi. A fine partita, le lacrime: il giorno più triste di tutti. Puoi costruire una bella squadra e lottare, ma a volte non puoi controllare il destino. Non è vero che all’intervallo qualcuno pensava di aver già vinto, eravamo tutti concentratissimi, lo ricordo bene".
E quel terzo posto al Mondiale del 2002, com’è stato viverlo da 21enne?
"Probabilmente la Turchia più forte di sempre: grandi giocatori, personalità importanti, leader, giovani talenti. Le vincemmo tutte tranne contro un Brasile di fenomeni, ma ce l’eravamo giocata anche con loro. Al ritorno a casa c’erano due milioni di persone in strada".
Ma tutta questa passione, quando è andato al Fenerbahce dopo i 10 anni al Galatasaray?
"Italiani e turchi sono simili in questo (ride ). Prima sentivo di essere amato dalle persone. Dopo il passaggio al Fenerbahce nessuno mi ha mai insultato per strada, però... Per la prima volta ho percepito di non essere apprezzato come prima. Ho imparato a gestirla: una è la squadra in cui ho cominciato e grazie alla quale sono arrivato in nazionale e in Europa, dell’altra sono diventato capitano".
Il Galatasaray ha vinto due trofei europei nella sua storia: una Coppa Uefa e una Supercoppa Europea. Entrambi in quel magico 2000.
"Quanto lottavamo! C’erano individualità e c’era qualità, ma soprattutto eravamo i migliori al mondo a lavorare di squadra, vincevamo per quello. Non batti il Real Madrid di Figo, Roberto Carlos e Raul o l’Arsenal di Henry, Vieira, Bergkamp e Wenger se non combatti. Anche se non realizzi subito che cos’hai fatto".
L’accoglienza di Istanbul qualche indizio l’avrà pur dato.
"Fu qualcosa di incredibile. Al ritorno dalla finale di Coppa Uefa la città era invasa da tifosi, moltissimi in lacrime, un assedio al pullman scoperto. Scene riviste soltanto per la Supercoppa e per il Mondiale".
Ma chi era Emre prima del professionismo?
"Mia madre era sempre a casa, mio padre lavorava in Anatolia e tornava solo nel fine settimana per vederci. Economicamente non andava benissimo, diciamo. Ho cominciato a giocare per strada: il talento si vedeva. Ho guadagnato i primi soldi a 14 anni, poi ho comprato una casa ai miei genitori e ho sentito di essere diventato uomo, quindi ho capito che volevo fare questo di lavoro".
Il compagno più forte mai avuto?
"Sicuramente Ronaldo il fenomeno, ma anche Zanetti era davvero forte. E ho giocato con molti potenziali fuoriclasse, come Recoba. Il più divertente a Milano, invece, era Bobo Vieri".
Oggi all’Inter c’è Hakan Calhanoglu: che cosa rappresenta per la Turchia?
"È nato in Germania e lì ci sono milioni di persone di origini turche che come lui amano il nostro Paese e la nostra nazionale. Quando è in campo, la gente sente che lui è uno di noi. È un idolo. Lo ritengo uno dei migliori giocatori della Serie A e uno dei migliori centrocampisti d’Europa".
L’ha conosciuto in nazionale?
"Sì, arrivò quando ero capitano. Era molto giovane, ma talentuosissimo: si capì subito che aveva qualcosa di speciale, si prendeva dei rischi da giocatore di grande personalità. Oggi è un allenatore in campo: legge il gioco in modo eccellente, è il braccio destro del tecnico. L’Inter è più speciale con lui in regia: detta i cambi di ritmo e aggiunge qualità nel gioco. È uno dei migliori nerazzurri degli ultimi 20 anni".
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