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Lichtsteiner: “Ecco perché dissi no all’Inter. Champions? Con tutto il rispetto…”

Gianni Pampinella Redattore 
Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Stephan Lichtsteiner ripercorre la sua carriera

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Stephan Lichtsteiner ripercorre la sua carriera. Dai sette scudetti vinti con la maglia della Juve, al suo no all'Inter per rispetto dei colori bianconeri. "Ho vinto sette campionati e molti trofei, ma ho anche perso tanto: due finali di Champions con la Juve, una di Europa League con l’Arsenal. Lo sport è così. Da giovane coltivavo i miei sogni, ma mi allenavo duramente per realizzarli mentre prendevo il diploma assicurandomi un eventuale impiego in banca, se con il calcio non fosse andata bene".

Quando ha capito di essere un bravo giocatore?

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«Quando alla Lazio Delio Rossi e Reja mi hanno aiutato a migliorare la fase difensiva. Mi aveva scelto Walter Sabatini, fu una bella esperienza. Nel 2009 vincemmo la Coppa Italia ai rigori contro la Sampdoria. Parità dopo i primi cinque tiri. Io calciai il sesto: me la sentivo, mi piace la pressione positiva. E segnai».

Arrivò alla Juve nell’estate del 2011, il momento della svolta. Quanto erano massacranti gli allenamenti con Conte?

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«Molto. Però non è quella la cosa che più mi resta nella mente. Conte ti mandava in campo sapendo tutto: cosa avrebbero fatto gli avversari, cosa sarebbe successo, come reagire a ogni situazione tattica. Avevamo sempre qualcosa in più. Giocare con la Juve è completamente diverso e Conte te lo faceva capire. Ci diceva sempre che per restare nella storia bisogna vincere. Il primo anno all’inizio credeva solo lui di poter fare qualcosa di grande. Noi ci fidammo di Antonio, gli andammo dietro, riuscimmo a reggere lo stress mentale e negli ultimi due mesi eravamo convintissimi di farcela».

Quale scudetto si è goduto di più?

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«Sembrerà banale, ma sono davvero tutti uguali. Certe volte è sembrato che per noi fosse facile, ma non lo è mai perché mentalmente senti di dover vincere per forza. Nel 2015-16 la rimonta fu incredibile: dopo il gol di Cuadrado nel derby cominciò una serie lunghissima di vittorie consecutive. Non fu mica una cosa normale. L’ultimo scudetto, cioè quello del 2017-18, è stato il più sofferto: noi siamo stati bravi, ma non perfetti e il Napoli ci stava addosso. Me lo sono goduto, anche se sapevo che sarei andato via».


Tre momenti meno felici. La finale di Berlino?

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«Eravamo vicinissimi, dopo il pareggio di Morata potevamo passare in vantaggio. Il pizzico di fortuna che a volte avevamo in campionato non l’abbiamo mai avuto in Europa. Ma non bisogna cercare alibi, piuttosto capire contro chi abbiamo perso le finali: il Barcellona di Messi, Suarez e Neymar, il Real Madrid di Ronaldo. Con tutto il rispetto per altre squadre, non è la stessa cosa».

Perché disse no all’Inter?

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«Per serietà: amo la Juve e quindi non potevo giocare nell’Inter. Adesso soffro da tifoso, ma presto torneremo a vincere».

(Gazzetta dello Sport)