Quando sono arrivato nel 2018, con Suning proprietaria, c’erano gravi difficoltà economiche. Ci siamo imposti una regola: trasformare le necessità in virtù. Non potendo acquistare, abbiamo scelto la creatività. Abbiamo puntato sui parametro zero. L’ultimo è stato Thuram, che si è rivelato determinante. Oggi, grazie al lavoro di Ausilio, abbiamo i conti in ordine. Con Oaktree potremo tornare a investire.
Che impatto ha avuto l’ingresso del capitale statunitense nel calcio italiano, tradizionalmente legato agli imprenditori locali?
Da gennaio, con l’acquisto del Verona da parte di Presidio, ben 11 club su 20 in Serie A sono controllati da fondi esteri, otto dei quali americani. Oaktree è una grande fortuna per noi. In totale, gli investitori stranieri hanno immesso 4 miliardi nel nostro calcio. Dopo un secolo di mecenatismo, il sistema era al collasso. Ora la priorità è la sostenibilità. Poi, la competitività.
Ha portato Pirlo e Pogba alla Juve a costo zero. Cosa offre a un giocatore, quando altri offrono più soldi?
Tutto parte dalla selezione dell’uomo prima del calciatore. Le persone giuste creano sinergia. Quando abbiamo vinto lo scudetto, 550.000 persone hanno riempito piazza Duomo. I nostri giocatori sentono il dovere di restituire questa fiducia. Acerbi, preso nel 2023 a 35 anni, è l’esempio perfetto: professionale, disciplinato, determinante fino al 94’, come contro il Barça in semifinale. Il calcio non è solo tecnica.
La Premier è la lega più ricca. Ma dal 2023 non arriva una squadra inglese in finale. Perché?
Essere ricchi non significa essere razionali. Pagare tanto un talento genera aspettative mediatiche esagerate e pressioni insostenibili. Inoltre, le squadre continentali hanno più esperienza nella gestione dei momenti decisivi. Quello che gli inglesi chiamano “cinismo”. In Champions non vince sempre il più forte, spesso vince il più intelligente. Il Real Madrid ne è l’esempio perfetto.
In cosa si somigliano e in cosa differiscono il Barça di Flick e il PSG di Luis Enrique?
Entrambi hanno una filosofia di gioco propositiva: possesso, pressing, ritmo alto. Ma la tattica cambia. Flick è più diretto e verticale, con un 4-2-3-1 o un 4-3-3 che cerca la porta con pochi passaggi. Luis Enrique è più posizionale e paziente: nel suo 4-3-3 ogni giocatore occupa una zona precisa del campo, con movimenti più elaborati e profondi. La differenza? Il PSG non ha un centravanti puro come Lewandowski.
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