“Me l’ero fatta sotto, prima di tirare. Nessun compagno era venuto ad aiutarmi, mi sentivo solo. Finché uno di loro pulì il pallone e me lo passò. Lo appoggiai sul dischetto, guardai il portiere Mattrel e decisi all’ultimo istante di cambiare lato, così segnai”.
Boniperti smetteva quel giorno.
“Mi venne vicino, mi disse che mio papà era stato il più grande di tutti, e che forse sarei stato degno di lui”.
Fu il vostro primo colloquio, non l’ultimo.
"Boniperti e l’Avvocato provarono almeno tre volte a portarmi alla Juve. Gianni Agnelli mi offrì persino una concessionaria Fiat, e doppio stipendio rispetto a quanto prendevo all’Inter. Però la mia mamma disse: “Sandrino, se vai da quelli là, tuo padre si rivolta nella tomba”. Non potevo, naturalmente".
Oggi l’Inter è molto più forte della Juve?
“Non lo dica, non prima della partita! Diciamo che è una squadra che sa quello che vuole, e quasi sempre lo ottiene. Mi piacciono molto Lautaro e Barella, uno che gioca più o meno dove giocavo io”.
È successo?
“Certo, ovvio, soprattutto all’inizio. Poi ho fatto la mia strada, come mio fratello Ferruccio. So che Valentino Mazzola è stato molto più forte di me, più completo. Gianni Brera mi diceva che era stato il più grande giocatore italiano della storia”.
E il più grande con cui ha giocato lei?
“Suarez. A volte sembrava sparito dal campo, ma poi entrava nel cuore delle azioni più importanti e le decideva”.
Un mito come Meazza fu un suo allenatore. Altro interista incredibile.
“Lo spiavo anche da vecchio, volevo carpire i suoi segreti. Quando sbagliavi, ti portava a bordo campo e ti spiegava il motivo dell’errore, istante per istante. Per noi ragazzi era una leggenda. E quanto gli piacevano le donne!”.
Era un calcio di tecnica e sentimento. Oggi, invece?
“Forse troppi muscoli, ma quelli bravi lo sono sempre. Il talento e la classe vengono prima della forza fisica e delle tattiche”.
Voi dell’Inter di Herrera sareste i più forti anche adesso?
“Ma certo! Che domande sono?”.
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