Le altre salvezze le ha dedicate a suo figlio Alessandro, mancato a 14 anni.
—«Luis Enrique, che ha perso una figlia piccola, in poche parole ha detto tutto: la vita è una continua sorpresa, ti mette di fronte a situazioni che mai avresti immaginato, e non possiamo controllare tutto. Dobbiamo essere grati per qualsiasi cosa accada, che ci piaccia o no, perché tutto può contribuire a renderci persone migliori. La gratitudine è il segreto della vita».
Ha mai parlato con Luis Enrique?
—«No, e penso che se ci incontrassimo non servirebbero parole. Ci basterebbero un abbraccio e uno sguardo. Con gli occhi puoi creare legami, incendiare un interlocutore o esprimere gratitudine».
Lei ha un idolo professionale?
—«Seguo tanti allenatori passati e presenti, compreso Carlos Cuesta, giovanissimo tecnico del Parma. Se devo sceglierne due dico il professor Scoglio, che aveva idee moderne, e Gigi Simoni, un gigante».
Cosa le piaceva di Simoni?
—«Sapeva osservare il calcio e le persone. Si rapportava con lo stesso rispetto ai veterani e ai giovani. Era educatissimo ma diretto. Dava fiducia e pretendeva responsabilità».
Lei è così?
—«Cerco di essere anche così, sì. Ma analizzare se stessi non è facile. In ciascuno di noi ci sono tante cose».
Che padre cerca di essere per i suoi figli?
—«Spero che un giorno penseranno che non fosse possibile amarli più di quanto li ho amati io. So che è una grande presunzione. Non mi serve che lo dicano, basta il pensiero».
E a loro cosa chiede?
—«Mi auguro che riescano a cogliere la meraviglia della vita, col giusto impegno. Quello che ha passato la nostra famiglia ci insegna che nessuno ti regala nulla, se non sei disposto a fare cose incredibili».
(Repubblica)
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