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Recoba: “Moratti secondo padre, soffriva quando giocavo poco. Champions? Tiferò come un matto”

Andrea Della Sala Redattore 
Nel giorno del compleanno di Massimo Moratti, ci ha pensato il suo pupillo Alvaro Recoba a ricordarlo e a raccontare alcuni episodi interessanti

Nel giorno del compleanno di Massimo Moratti, ci ha pensato il suo pupillo Alvaro Recoba a ricordarlo e a raccontare alcuni episodi interessanti al Corriere della Sera:

«Il presidente va ancora dritto come un treno — ride il 49enne Chino —, ci sentiamo spesso. E gli 80 di oggi non sono quelli di una volta... Mi sento invece vecchio io, che ne ho quasi 50 (ride). Un uomo di cuore, perbene, che amava l’Inter e i suoi tifosi più di ogni altra cosa. L’ultima volta che sono venuto in Italia — racconta — mi sono emozionato. Entrai nell’ufficio del presidente e alle spalle della sua scrivania vidi, appesa, la mia maglietta. Incredibile!».

«È stato davvero un secondo padre, sempre attento a qualsiasi cosa, ad eventuali problemi familiari prima ancora che tecnici. E pensare che in Uruguay lo vivevo quasi come un mito, un uomo inarrivabile, l’erede del padrone della Grande Inter. Arrivai a Milano nella primavera del 1997, inseguivo la storia di Ruben Sosa, amatissimo in nerazzurro. Venni accolto dalle leggende Sandro Mazzola e Luisito Suarez, e il mio primo compagno di camera fu Nicola Berti, che per me, ragazzino, rappresentava tutto ciò che conoscevo direttamente dell’Inter di allora: fortissimo, elegante, simpatico, italiano che più non si poteva, idolo incontrastato a San Siro.

Moratti? Credo di averlo visto in prima persona solo dopo parecchie settimane dal mio approdo milanese. Ero timido, non l’ho mai cercato per farmi notare, e forse proprio questo mio modo di comportarmi lo ha conquistato. Poi feci quella doppietta con il Brescia all’esordio, e nei suoi occhi vidi felicità, ammirazione e affetto puro. In settimana veniva in Pinetina, si dirigeva subito verso di me e mi abbracciava appunto come un papà fa con suo figlio. Ero quasi imbarazzato nei confronti dei miei compagni, ma quell’uomo mi entrò subito nel cuore: ho profondo rispetto per lui. Ci sentiamo spesso, ripeto, mi informo sulla sua splendida famiglia, e chiedo ancora oggi consigli».