Poi svela un retroscena:
“La scuola, la famiglia… io però non sono uno che esce tanto. I miei compagni mi prendono in giro: ‘Sei cresciuto a Milano, giocavi nell'Inter ma non hai idea di dove andare la sera’”.
Il ritiro con la Prima Squadra?
“È stato inaspettato. Ero in vacanza con un mio compagno. Ci squilla il telefono nello stesso momento: andrete ad allenarvi con Mister Inzaghi. Dopo la prima settimana molti miei compagni sono tornati in primavera. A inizio ritiro avevamo dato al Team manager il nostro passaporto, quindi riceverlo indietro significava dover lasciare la prima squadra. Il mio non tornava mai. Sono andato a chiederlo: no tu vieni nella tournée in Giappone con noi. Non c'ho capito più niente. Immaginate di passare 20 giorni con i vostri idoli, quasi non me ne rendevo conto”.
E gli allenamenti?
“Ogni giorno vedevi giocate folli. Barella sembrava più forte quando giocavo al volo piuttosto che rasoterra. Poi vabbè, il controllo di Dimarco… Impressionante. Lì è arrivato il mio esordio contro il Salisburgo durata? Nove secondi. Dovevamo entrare io Stankovic, il Mister lo ha chiamato e io sono rimasto a scaldarmi. Durante il recupero si gira verso di me era così dentro la partita che si è dimenticato di farmi entrare. La partita dopo ho fatto goal contro l’Egnatia: se prima non ci capivo nulla in quel momento ero proprio spaesato. Lo si vede anche dai video: mi guardo intorno per capire cosa sta succedendo”.
La convocazione per la Supercoppa vinta in Arabia Saudita:
“L'apice del ‘no sense’ è arrivato a Riyad, quando sono andato con loro per la Supercoppa vinta contro il Napoli. Io all'inizio ero pure dispiaciuto: mi era arrivata la prima convocazione nazionale ma non ero potuto andare. Poi ho parlato con Bastoni e mi ha detto: male che vada torni a casa con un trofeo in più direi che aveva ragione, non mi è andata proprio male”.
Le sensazioni:
“Allenarsi insieme alla prima squadra è bellissimo: vivi in un mondo che non ha niente a che fare con la vita reale, ma sul momento ti sembra la normalità. Io sono pazzo dell'Inter. Sono arrivato quando avevo 10 anni e in famiglia siamo tutti i tifosi nerazzurri. Non voglio cadere nella banalità, ma giocare per la tua squadra del cuore è qualcosa di davvero indescrivibile”.
Il mio arrivo?
“È stato sorprendente. Ero un bambino e mi allenavo un giorno a settimana con i ragazzini dell’Inter. Il weekend facevamo le amichevoli. Alla fine dell'anno sono andati dai miei genitori: “Benvenuti nell’Inter”.
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