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Stabile: “Pazzo di Inter: ritiro con Inzaghi, Giappone e la frasi di Bastoni…”

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Il difensore dell'Alcione in prestito dall'Inter si è raccontato in una lunga intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio
Alessandro De Felice Redattore 

Giacomo Stabile, difensore dell'Alcione in prestito dall'Inter, si è raccontato in una lunga intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio.

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Il passaggio in Serie C?

“Un incubo. Tocco il primo pallone e prendo una tranvata fortissima da un attaccante del Vicenza. Mi scaraventa a terra e penso: ‘Ottimo, questo è il campionato’. Sapevo che fosse molto fisico, ma non immaginavo così. Per fortuna mi ero detto entrando in campo: ‘Devi essere cattivo già dal primo contrasto’. Il fatto che io arrivi dall'Inter un po' influenza. Capita che gli avversari dicano: 'Anche se giocavi con loro qui non sei un fenomeno'. A me fa sorridere perché so che lo fanno per distrarmi. Non ho neanche mai esordito in prima squadra, non pensavo mi conoscessero. Da quando avevo dieci anni ho sempre giocato con l'Inter. L'anno scorso, dopo le finali Scudetto con la Primavera, il mio procuratore mi ha detto dell'interesse dell'Alcione. Non ho avuto dubbi. Li ho scelti per il loro lavoro coi giovani. Li ho scelti per il loro lavoro coi giovani. Tanti ex compagni mi hanno detto che la Serie C è dominata dal nonnismo. Ma qui c'è grande attenzione al lato umano. E si respira ambizione. Un esempio perfetto è il campo dove giochiamo le partite. Era in condizioni terribili a inizio anno. ma la società ha investito molto per riportarlo in buono stato, nonostante non fosse di loro proprietà. Questa attenzione a ogni particolare si fa sentire nello spogliatoio. È il primo anno dell'Alcione fra i professionisti: siamo la terza squadra di Milano e gli ultimi arrivati. Forse in futuro ci renderemo conto di quello che stiamo facendo. Certi risultati erano inimmaginabili e poi rimanere vicino casa mi ha aiutato”.


Poi svela un retroscena:

“La scuola, la famiglia… io però non sono uno che esce tanto. I miei compagni mi prendono in giro: ‘Sei cresciuto a Milano, giocavi nell'Inter ma non hai idea di dove andare la sera’”.

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Il ritiro con la Prima Squadra?

“È stato inaspettato. Ero in vacanza con un mio compagno. Ci squilla il telefono nello stesso momento: andrete ad allenarvi con Mister Inzaghi. Dopo la prima settimana molti miei compagni sono tornati in primavera. A inizio ritiro avevamo dato al Team manager il nostro passaporto, quindi riceverlo indietro significava dover lasciare la prima squadra. Il mio non tornava mai. Sono andato a chiederlo: no tu vieni nella tournée in Giappone con noi. Non c'ho capito più niente. Immaginate di passare 20 giorni con i vostri idoli, quasi non me ne rendevo conto”.

E gli allenamenti?

“Ogni giorno vedevi giocate folli. Barella sembrava più forte quando giocavo al volo piuttosto che rasoterra. Poi vabbè, il controllo di Dimarco… Impressionante. Lì è arrivato il mio esordio contro il Salisburgo durata? Nove secondi. Dovevamo entrare io Stankovic, il Mister lo ha chiamato e io sono rimasto a scaldarmi. Durante il recupero si gira verso di me era così dentro la partita che si è dimenticato di farmi entrare. La partita dopo ho fatto goal contro l’Egnatia: se prima non ci capivo nulla in quel momento ero proprio spaesato. Lo si vede anche dai video: mi guardo intorno per capire cosa sta succedendo”.

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La convocazione per la Supercoppa vinta in Arabia Saudita:

“L'apice del ‘no sense’ è arrivato a Riyad, quando sono andato con loro per la Supercoppa vinta contro il Napoli. Io all'inizio ero pure dispiaciuto: mi era arrivata la prima convocazione nazionale ma non ero potuto andare. Poi ho parlato con Bastoni e mi ha detto: male che vada torni a casa con un trofeo in più direi che aveva ragione, non mi è andata proprio male”.

Le sensazioni:

“Allenarsi insieme alla prima squadra è bellissimo: vivi in un mondo che non ha niente a che fare con la vita reale, ma sul momento ti sembra la normalità. Io sono pazzo dell'Inter. Sono arrivato quando avevo 10 anni e in famiglia siamo tutti i tifosi nerazzurri. Non voglio cadere nella banalità, ma giocare per la tua squadra del cuore è qualcosa di davvero indescrivibile”.

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Il mio arrivo?

“È stato sorprendente. Ero un bambino e mi allenavo un giorno a settimana con i ragazzini dell’Inter. Il weekend facevamo le amichevoli. Alla fine dell'anno sono andati dai miei genitori: “Benvenuti nell’Inter”.