E gli allenamenti?
“Ogni giorno vedevi giocate folli. Barella sembrava più forte quando giocavo al volo piuttosto che rasoterra. Poi vabbè, il controllo di Dimarco… Impressionante. Lì è arrivato il mio esordio contro il Salisburgo durata? Nove secondi. Dovevamo entrare io Stankovic, il Mister lo ha chiamato e io sono rimasto a scaldarmi. Durante il recupero si gira verso di me era così dentro la partita che si è dimenticato di farmi entrare. La partita dopo ho fatto goal contro l’Egnatia: se prima non ci capivo nulla in quel momento ero proprio spaesato. Lo si vede anche dai video: mi guardo intorno per capire cosa sta succedendo”.
La convocazione per la Supercoppa vinta in Arabia Saudita:
“L'apice del ‘no sense’ è arrivato a Riyad, quando sono andato con loro per la Supercoppa vinta contro il Napoli. Io all'inizio ero pure dispiaciuto: mi era arrivata la prima convocazione nazionale ma non ero potuto andare. Poi ho parlato con Bastoni e mi ha detto: male che vada torni a casa con un trofeo in più direi che aveva ragione, non mi è andata proprio male”.
Le sensazioni:
“Allenarsi insieme alla prima squadra è bellissimo: vivi in un mondo che non ha niente a che fare con la vita reale, ma sul momento ti sembra la normalità. Io sono pazzo dell'Inter. Sono arrivato quando avevo 10 anni e in famiglia siamo tutti i tifosi nerazzurri. Non voglio cadere nella banalità, ma giocare per la tua squadra del cuore è qualcosa di davvero indescrivibile”.
Il mio arrivo?
“È stato sorprendente. Ero un bambino e mi allenavo un giorno a settimana con i ragazzini dell’Inter. Il weekend facevamo le amichevoli. Alla fine dell'anno sono andati dai miei genitori: “Benvenuti nell’Inter”.
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