Vasco, da dove nasce la sua passione per l’Inter?
"Fondamentalmente da due aspetti semplici, forse elementari: i colori. Sono interista da sempre perché fin da bambino mi piaceva molto di più l’accoppiata tra il nero e l’azzurro piuttosto che quella tra il rosso e il nero o il bianconero. Scelsi la maglia per i colori e rimarrò sempre fedele a quelli, anche se poi non è che sia particolarmente praticante”.
E con il calcio che rapporto ha? Mai provato in prima persona?
"Come gioco, nel pratico, non mi è mai interessato. Non sono mai stato uno sportivo: certo, provai, ma neppure da bambino mi appassionò molto. Però mi piace il messaggio che manda: è bello vedere due squadre che mettono aggressività su un pallone e non su altre persone. Non è un combattimento ma un modo di sfogarsi. Poi, a livello personale, entrò nella mia vita una chitarra e da quel momento lo sport scomparve dai miei orizzonti".
Oltre ai colori, cosa la lega all’Inter più di tutto?
"La sofferenza. Iniziai a guardare l’Inter quando non andavo più in giro per locali la notte e così potevo ritagliarmi del tempo libero la domenica pomeriggio. Quando cominciai a seguire l’Inter con più continuità, però, la squadra perdeva sempre. Per almeno una decina di anni è sempre stato così, e io ne soffrivo moltissimo. Ma più di tutto il resto fu proprio questo aspetto a farmi affezionare all’Inter".
Però nella sua vita non ha visto solo sconfitte…
"Certo, poi è arrivato anche Mourinho. Un periodo che ho vissuto al massimo e con molto entusiasmo fino alla conquista del Triplete".
Da questa stagione, tutto San Siro nerazzurro canta la sua “Ogni volta” prima delle partite casalinghe. Che sensazioni le fa provare?
"Un grande orgoglio. Il fatto che prima di qualsiasi partita 70.000 persone cantino una mia canzone mi rende molto fiero e mi fa venire i brividi come se fossi lì allo stadio con tutti loro. E poi, da quando hanno deciso di riprodurla, ha portato anche una certa fortuna. Quindi ancora meglio".
Ha avuto invece dei momenti di allontanamento dall’Inter?
"Sicuro. Ad un certo punto della mia vita decisi che stop, basta, non avrei più guardato le partite. Il problema è che mi fanno soffrire troppo. C’è una competitività eccessiva e soprattutto anche un solo attimo può cambiare una partita o un campionato intero. Mi mette troppa ansia. Pensi che a volte guardo le partite registrate, conoscendo già il risultato...".
Farà così anche per la finale contro il Psg?
"Non lo so ancora, ma di sicuro sarò sul palco, in tour a Torino. Scoprirò il risultato solo dopo. Quando faccio un concerto sono focalizzato al 1000% su quello e nient’altro, tutto il resto viene sospeso".
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