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Capello: “Pio Esposito vede la porta, non soffrirà il salto in A. E avere Chivu è un vantaggio”

Andrea Della Sala Redattore 
Della gara di Pio Esposito e delle qualità che ha fatto vedere il giovane attaccante dell'Inter ha parlato, a La Gazzetta dello Sport, l'ex tecnico

Della gara di Pio Esposito e delle qualità che ha fatto vedere il giovane attaccante dell'Inter ha parlato, a La Gazzetta dello Sport, l'ex tecnico Fabio Capello:

"Giovane, forte e soprattutto italiano. Dobbiamo essere felici per quello che Francesco Pio Esposito sta facendo vedere con l’Inter al Mondiale per club. Il gol al River Plate ha acceso ulteriormente i riflettori su questo ragazzo appena ventenne che già con lo Spezia in Serie B ha dimostrato di sapere il fatto suo. Primo punto: Esposito vede la porta e per un centravanti di livello è il requisito necessario. Seconda considerazione: fisicamente è molto ben strutturato, non credo possa soffrire il salto in Serie A. Terza e più importante questione: Cristian Chivu lo ha già allenato nella Primavera nerazzurra . Il nuovo tecnico dell’Inter lo conosce, sia nel potenziale da calciatore che come persona. E se ha deciso di dargli subito fiducia in una competizione internazionale è perché evidentemente lo ritiene pronto. Chi può valutare meglio di lui la crescita di questo ragazzo? Ecco perché mi aspetto (e sembra sia proprio così) che l’Inter lo mantenga in rosa anche nella stagione alle porte. L’esperienza l’ha già fatta, adesso è il tempo di concedergli l’opportunità di guadagnarsi il posto nella squadra che l’ha fatto diventare grande".

Nella mia carriera mi sono occupato per tanti anni di settore giovanile al Milan. Ho visto da vicino emergere Maldini, Costacurta, Stroppa e molti altri. Cosa ho imparato sul campo? A dare fiducia ai talenti quando intravediamo del potenziale. Il consiglio me lo sono poi portato avanti nel mestiere di allenatore . Ricordo quando nel 1991 spinsi per riportare a Milano Demetrio Albertini dal prestito al Padova: c’era chi mi ripeteva «non è pronto, Fabio». Ma io ho sempre pensato che un ragazzino forte possa crescere meglio allenandosi al fianco dei campioni per poi gradualmente avere spazio piuttosto che andare in giro continuamente in prestito . Per esempio, alla Roma avevo aggregato agli allenamenti della prima squadra De Rossi e Aquilani. Erano giovani, ma si vedeva avessero qualcosa in più degli altri. Così, a un certo punto decisi di provarli: un tempo a testa in una partita minore. De Rossi mi sembrava pronto, Aquilani meno e così il primo lo feci diventare parte integrante della squadra. Mi aspetto che pure con Esposito ora capiti qualcosa del genere. Chivu lo ha testato e l’attaccante dell’Inter ha risposto in modo positivo, quindi...

Aggiungiamo che i nerazzurri, con ogni probabilità, continueranno a giocare a due punte davanti. E tra Serie A, Champions, Coppa Italia e Supercoppa vuoi che non ci sia spazio per dare minuti a questo ragazzo? Non è, per dire, nella situazione di Francesco Camarda al Milan. Innanzitutto tra i due ci sono tre anni di differenza, che a quell’età non sono affatto pochi. In più, i rossoneri senza coppe europee giocheranno inevitabilmente meno partite dei cugini nel 2025-26. Così, il prestito al Lecce per Camarda ha un senso, specialmente dopo una stagione in cui è stato sballottato un po’ troppo tra prima squadra e Milan Futuro, giocando meno di quanto avrebbe potuto e dovuto. Esposito, invece, può tranquillamente ricevere in eredità il ruolo di alternativa che è stato di Arnautovic e Taremi nell’annata appena andata agli archivi . I titolari saranno ancora Lautaro e Thuram, un altro attaccante probabilmente arriverà, ma siamo sicuri che sia per forza meglio di questo classe 2005 che anche con l’Italia Under 21 ha fatto vedere cose fuori dall’ordinario? La domanda me la pongo pure in ottica Nazionale. Da quanto non abbiamo un centravanti di una big? Forse da quando Kean non esplose con la Juventus, prima di frenare un po’ e poi ritrovarsi con la Fiorentina. Di sicuro, con Esposito e Camarda possiamo ora nutrire la speranza di non doverci lamentare del futuro “nove” degli azzurri. Era ora, verrebbe da dire.