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Immaginiamo il faccione incavato nelle spalle, il capo mai spettinato, e lo sguardo che ammicca lontano. Ma appena nessuno sia ad osservarlo, eccolo sollevare le braccia. Non un segno di vittoria, ma di forza convinzione, eccitazione. Potrebbe essere la sua rivincita su quella “pazza Inter” che cercò di trasformare. Meglio: cercò di estirpare la pazzia. Senza riuscirci. Si è capito anche martedì, nonostante le assidue cure di Simone Inzaghi. Poi c’è la volta in cui la pazzia paga e quella in cui ti fa pagare. Stavolta ha pagato: forse per due. C’è da immaginare che l’Inter proverà a lottare per non lasciarla vinta all’insaziabile Mister di nerazzurra memoria. Che, fra l’altro, con l’Europa ci prese poco. Ed è pur vero che, a Napoli, hanno cominciato a festeggiare con anticipo inconsueto rispetto alle abitudini, traducibili in scaramanzia. Ma, suvvia, questa Inter finalista autorizza anche uno sgarro dalla scaramanzia. E, da oggi, l’allenatore avrà anche più credito, quando dirà: «Questa grande Inter esalta il nostro lavoro, la nostra posizione». Per il vero lo ha già detto, ma ci voleva l’emozionante 4-3 per certificarlo. Ora nessuno aprirà più bocca e il Conte infuocato, infervorato, diabolicamente esaltato, quel Conte flagello degli spreconi e angelo dei credenti potrà dire alla ciurma: seguitemi e vinciamo. Tre partite per sentirsi più artista che generale. E pazienza se gli mancherà qualche giocatore: Buongiorno e Juan Jesus, Neves tornerà forse a Parma e Lobotka è in dubbio per il Genoa. A ciascuno le sue pene.
Ma se il Napoli lo seguirà, le pene saranno tutte per Inzaghi. Poi si vedrà. Eppure, vinto lo scudetto, c’è da credere che anche il famelico Conte tiferà per lui. Non è da tutti battere la squadra campione di Champions. Appunto, diabolico", si legge.
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