"Oggi volano frecce infuocate da un accampamento all’altro e nessuno può stupirsi: Conte e Beppe Marotta si punzecchiano, è il gioco delle parti pirandelliano. Sopravvive il rispetto, ma i rapporti non possono più essere quelli di una volta. La coppia già vincente alla Juve si era ricomposta con lo stesso spirito feroce anche all’Inter, ma il trauma della separazione è stato forte a Milano proprio come a Torino".
"Non vedeva più i margini di crescita promessi da Suning, colosso travolto dalla pandemia in Cina. Per farlo restare, servì l’antica arte diplomatica di un dirigente che chiamano “Kissinger”: a Villa Bellini, non lontano dalla Varese di Marotta, Conte fu convinto a posare l’ascia di guerra. La frattura fu temporaneamente ricomposta, giusto il tempo di rivincere uno scudetto dopo undici anni di desolante digiuno. In quel 2020-21 l’eliminazione dalla Champions con un misero quarto posto nel girone servì solo per concentrare ogni energia sul campionato, vinto poi di slancio. Il Lukaku napoletano è una controfigura di quello ammirato allora, mentre proprio all’epoca vennero piantati i semi fioriti poi nel giardino di Bastoni, Barella, Lautaro. L’addio avvelenato dopo le cessioni del figliol prodigo Romelu e di Hakimi è storia, come anche il lavoro di Inzaghi che ne ha raccolto l’eredità. Un po’ alla volta, Simone ha portato la squadra a un livello superiore. Ora il destino sembra divertirsi a fare i dispetti e i carissimi nemici preparano i guantoni", scrive il quotidiano.
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