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Dalle colonne del Corriere della Sera, Fabrizio Roncone analizza la posizione di Luciano Spalletti dopo il disastro dell'Italia contro la Norvegia
"È una domanda brutale, piena di amarezza e rimpianto, ma inevitabile: siamo sicuri che Luciano Spalletti sia ancora il ct giusto per la Nazionale azzurra? Non è il momento di mettersi a ragionare sul sistema calcio di questo Paese, sempre più sbrindellato, vecchio, perdente, incapace di costruire stadi, attrarre campioni e, soprattutto, produrre talenti. Abbiamo un’urgenza: l’umiliazione subita a Oslo nella partita contro la Norvegia ha infatti compromesso il nostro girone di qualificazione ai Mondiali, manifestazione che ormai siamo abituati a vedere alla tv (manchiamo dal 2014)".
"Dobbiamo quindi prepararci al martirio dei playoff, che però nemmeno sono scontati: perché la squadra presa a pallate da Haaland e compagni potrebbe faticare anche ad acciuffare il secondo posto. A questo punto, perciò, occorre essere pragmatici, serve onestà intellettuale. E dobbiamo raccontarci la verità su Spalletti. Il quale ha un’alta considerazione di sé, e forse la merita, ricordando che le sue squadre hanno sempre giocato un calcio spettacolare. Il guaio è che quando arriva in Nazionale e si accorge di avere a disposizione un materiale umano a dir poco modesto — l’unico fuoriclasse era, e resta, Gigi Donnarumma — invece di immaginare una squadra dignitosa, che giochi semplice, decide di intervenire con le sue visioni. Un miscuglio di genio tattico e pignoleria prossima all’ossessione".
"Così, in Germania, agli ultimi Europei, veniamo sbattuti fuori, mentre lui è ancora lì a parlarci di «calcio relazionale». La Nations League è stato un altro tormento. Di carattere già complesso, non essere capito l’ha irrigidito. Molti giocatori, è chiaro, non lo seguono più. Appare poco lucido (come quando convoca Acerbi). Lo sa, e non si piace. Le conferenze stampa sono psicodrammi. Sospiri, occhiate di fuoco. E chissà che succede nello spogliatoio. Però noi ai Mondiali vogliamo andarci. Mister, secondo lei, che dobbiamo pensare?".
(Corriere della Sera)
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