“Lautaro merita il riconoscimento di France Football e forse, se riuscirà a tornare a Monaco di Baviera con l’Inter il 31 maggio, gli consegneranno davvero il Pallone d’Oro” scrive il Corriere dello Sport.
Il Toro ha già conquistato un Mondiale, due Coppe America, e adesso si sta imponendo anche in Champions League, competizione in cui ha messo a segno sette reti in dieci partite nell’edizione in corso. Un bottino che lo porta a quota 19 gol in 54 partite nella massima competizione europea per club, 22 in totale considerando anche le coppe continentali.
Solo Altobelli, con 35 reti, è riuscito a fare meglio nella storia europea dell’Inter. Il Toro ha già colpito avversarie di primo piano come Barcellona, Liverpool e Real Madrid, e adesso aggiunge il Bayern Monaco alla sua personale lista di vittime eccellenti. L’unico rammarico resta la finale di Istanbul contro il Manchester City, dove non è riuscito a lasciare il segno.
All’Allianz Arena, però, Lautaro non ha semplicemente segnato. Ha dominato. La rete che ha aperto le marcature, frutto di una carezza d’esterno destro all’incrocio, è stata l’espressione massima della sua tecnica e intelligenza. In quella giocata, nata da un’azione che lui stesso aveva avviato, ha mostrato tutta la sua crescita calcistica: scelta del tempo, cambiamento di piede in corsa per anticipare la difesa e ridurre i rischi, finalizzazione perfetta. Un gesto tecnico premiato anche da Fabio Capello, che su Sky Sport gli ha attribuito un eloquente 10 in pagella, lo stesso numero che porta sulle spalle.
Ma la partita di Monaco non è stata solo un'esibizione di talento offensivo. Lautaro si è rivelato un leader completo, incarnando quella figura di calciatore moderno che sa essere allo stesso tempo attaccante, regista e persino difensore. Nei primi minuti, quando l’Inter faticava a trovare ritmo e compattezza, è stato lui a dare la sveglia alla squadra, tornando più volte al limite dell’area per recuperare palloni fondamentali. Inzaghi, a bordo campo, richiamava all’ordine, ma è stato il capitano a incarnare concretamente quelle indicazioni, con interventi da incontrista più che da centravanti.
Anche sul secondo gol nerazzurro, Lautaro ha lasciato il segno. Dopo aver servito Bastoni in avvio d’azione, ha protetto palla con il corpo, orientato il gioco e smistato con lucidità verso sinistra, da dove è partita la combinazione che ha portato alla rete di Frattesi. Una giocata da regista offensivo puro, visionaria e precisa, paragonabile per intelligenza e rapidità a quelle dei grandi del passato come Roberto Mancini. Inzaghi lo ha trasformato in un play avanzato, un punto d’appoggio tra centrocampo e attacco che facilita la progressione di Thuram e dà equilibrio alla manovra. Il ruolo di capitano gli ha dato ulteriore responsabilità, dentro e fuori dal campo.
Lautaro Martinez non è più solo un centravanti. È un calciatore totale, completo, maturo. E se il 31 maggio riuscirà a tornare a Monaco di Baviera per la finale, il sogno Pallone d’Oro potrebbe diventare realtà.
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