La prefazione di Simone Inzaghi al libro «Il Piccolo Maracanà» (ed. La Valle dei libri) scritto da Giangiacomo Schiavi
La prefazione di Simone Inzaghi al libro «Il Piccolo Maracanà» (ed. La Valle dei libri) scritto da Giangiacomo Schiavi, giornalista del Corriere della Sera.
I racconti del «Piccolo Maracanà» sono stati un sottofondo della mia giovinezza. Quella di un ragazzino che correva sul campetto di San Nicolò molto più spesso di quanto metteva la testa sui libri. Ero quasi sempre il più piccolo, ma siccome ero bravino, mio fratello Pippo mi faceva giocare con quelli un po’ più grandi. E devo dire, onestamente, che tutto ero fuorché un impiccio. Riporto ora testa e anima a quelle giornate bellissime, a quel calcio che era divertimento puro, a quei sogni che poi sono diventati progetti e infine realtà.
Le scarpe sporche e le ginocchia sbucciate, sono diventate divise sponsorizzate da calciatore e allenatore, le formazioni nate con la «conta» (una scelta a me, una a te) sono diventate frutto di lunghe e ragionatissime riunioni tecniche. Ma il calcio mi piace come allora, la partita è sempre la partita, che sia sulla terra battuta o davanti a ottantamila persone...
Il ricordo di un grande «classico», come il torneo notturno di Gragnano, ha per me il ruolo di tenere annodato quel filo che non si è mai spezzato, il senso vero e puro di tutto quello che rotola insieme a quel pallone. Sono stato fortunato e tale mi ritengo, ma so anche di essermelo un po’ meritato. I successi di oggi sono figli di quei sentimenti, di quelle tensioni emotive che allora sfociavano in tornei che contavano come e più di un campionato.