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"Papà, la scuola non mi piace, è come quando segna l’Inter. La piccola Nina Chiellini, ormai neppure più tanto piccola, lo diceva al suo babbo qualche anno fa, lei alle prese con i primi quaderni a quadretti, lui con i soliti nerazzurri a righe. Stavamo preparando insieme il suo libro, e Giorgio non aveva mai una parola acida contro nessuno. Ma quando gli nominavamo l’Inter, ammetteva che sì, è giusto parlare di odio sportivo: «È normale, ci siamo sempre scannati». Le visioni del mondo di Giorgio e Nina coincidevano.
«Io posso accettare chiunque davanti a me in classifica, non l’Inter». A quel tempo non è che accadesse tanto spesso". Maurizio Crosetti, sulle pagine de La Repubblica, ha raccontato così la storia del derby d'Italia. I veleni che la caratterizzano da sempre, l'odio calcistico che lo rendono una sfida assolutamente unica e che porta a tanti ricordi belli e brutti, a seconda dei punti di vista. Due pianeti distinti e separati che non si incontrano mai, come due rette parallele. O quasi.
Il giornalista racconta ancora: "E non è prevedibile iconografia, è proprio un sentimento acido il più possibile, e del tutto corrisposto. Inter e Juve si detestano davvero, quasi come Milano e Torino divise ormai da una breve ora di treno, ma in quei 127 chilometri rettilinei e piani c’è un universo...",
E degli espidodi e delle battute che si sono protratti nel tempo e si sono verificati puntuali, ogni volta, che in un angolo del mondo un tifoso bianconero e un tifoso interista si sono incontrati. Dalle battute dell'avvocato Prisco sulle dita da contare a quella di Agnelli su Pellegrini diventato presidente. E poi Ronaldo-Iuliano, il fallaccio di Pjanic "non ricorderemo scudetti di cartone e schede telefoniche, non staremo a guardare quel dito, medio, che Antonio Conte nerazzurro rivolse ad Andrea Agnelli: sempre meglio puntare alla luna. Però, qui sulla terra, Juve e Inter si divertono solo quando si odiano, con virgolette e senza", si legge nello stesso articolo.
"Quando la Juventus sfilò sul bus scoperto per lo scudetto 2013, un euforico Buffon inalberò un cartello su cui c’era scritto: «5 maggio godo ancora». Però i nerazzurri, tre anni prima, avevano goduto a loro volta non poco, infilando quel triplete che resta unico nella storia del nostro pallone. Demiurgo Mourinho: lui sapeva esibirsi in gestualità anti- bianconere in perfetta linea con un secolo di livore. Perché questa è una faccenda di sentimento prima che di classifiche: se le vittorie e le sconfitte si contano, la passione, compresa quella più nera, invece si pesa, sempre. Starsi sullo stomaco è una questione di sincerità e tradizione: mica sono tutti sportivi come Sinner, e comunque chissà cosa si agita davvero nel suo profondo, chissà quali demoni il ragazzo riesce per ora a tenere a bada. Uno sforzo che nessuno juventino e nessun interista ha voglia di fare: il nemico indossa quasi le stesse righe, anche se con le seconde tinte diverse, siano bianche oppure azzurre. Ma a nessuno sfugga quel nero d’inchiostro che è colore dominante su entrambe le divise, il nero/ notte di un’oscura passione. Perché loro non lo ammetteranno mai, però quanto si somigliano", conclude il giornalista.
(Fonte: La Repubblica)
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