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Non poteva certo mancare il Capitano. Ha lavorato, ha stretto i denti, ha fatto di tutto per essere presente nella notte più bella di tutte. Ed è stato decisivo, gol e rigore procurato. Poi ha lasciato spazio a Taremi, stravolto. Lautaro è il simbolo di questa grande Inter.
"Al fondo di tante emozioni, oltre l’urlo di Frattesi che pareva quello di Tardelli, oltre la maglia di Acerbi che roteava come il drappo di un torero, rimarranno gli spiritati e increduli occhi del capitano, già in cammino verso la finale. Lautaro era esausto, per quanto aveva corso sul dolore dentro al campo e patito fuori. Sfinito da una felicità che poche volte capita nella vita e nel calcio. La pioggerellina fitta caduta apposta per i supplementari ha aggiunto ancora più magia: le ultime pagine di questo poema epico saranno scritte in Baviera, e sempre lo stesso guerriero sarà alla guida", sottolinea La Gazzetta dello Sport.
Si parlerà per anni a venire di questo 4-3 di stordente bellezza, ma pure del recupero-lampo del capitano nerazzurro, più forte pure della logica dopo l’infortunio di Montjuic. Anche perché Lautaro non è solo un capitano, ma un leader politico. La bandiera e l’esempio. Dopo il dolore in Catalogna e una volta scoperto che non c’era lesione al flessore dispettoso, è iniziata la risalita che lo ha portato a vivere una notte che più da pazza Inter non si può. Eppure, anche a mezzo servizio e fino alla sostituzione al minuto 71, l’argentino ha lasciato un’orma gigantesca: sia nel primo gol che ha fatto tremare San Siro, sia nel modo furbo in cui si è procurato il rigore dello 0-2, ma soprattutto nella generosità a tratti commovente. Poi, nel secondo tempo, quando soffiava una buriana terribile dalla Catalogna, è andato in apnea come il resto della compagnia.
"C’è pure un numero che resterà inciso nella pietra, il capitano di Inzaghi l’ha intarsiato partita dopo partita in questa Champions che non scorderà mai: quello di ieri era il 9° centro in 13 partite e 766’ giocati, è diventato l’interista capace si segnare di più in una singola edizione di questa coppa dorata. Solo Hernan Crespo, altro argentino di altissima nobiltà, ne aveva realizzati 9 nell’edizione 2002-03 conclusa in semifinale. Questo Toro ha segnato al ritmo pazzesco di un gol ogni 85’, meno di uno a partita: manca solo il decimo, la grande Baviera è lì ad aspettarlo", spiega Gazzetta.
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