Quando sostengo che un allenatore è un maestro intendo dire che insegna, fa esattamente come con gli alunni a scuola, si preoccupa di migliorarli, di correggere gli errori, non bada soltanto al risultato, alla tattica che serve per affrontare l’avversario. Conte ha la capacità di mettersi tutto sulle spalle, di convincere i giocatori delle sue idee e delle loro qualità , e assieme corrono verso il traguardo. È un martello, quando allena durante la settimana. Cura l’aspetto tecnico, quello atletico e, soprattutto, quello psicologico. Sa bene che tutto nasce dalla testa dei giocatori e lui cerca di portarli oltre i loro stessi limiti. È in questo modo che va letta la cavalcata del Napoli in questo campionato. Provate a ripercorrerla dall’inizio: alla prima di campionato prende tre sberle a Verona, lui tuona, i suoi ragazzi in silenzio ascoltano e si mettono a lavorare come matti per inseguire l’obiettivo che, ragionevolmente, dev’essere la qualificazione in zona Champions. Ci sono altri club ben più attrezzati, sia tecnicamente sia economicamente, rispetto al Napoli: penso all’Inter, alla Juve, al Milan. Ma, siccome Antonio è uno che punta sempre al massimo, ecco che la squadra comincia a decollare, vince, si piazza lì davanti. Poi, a gennaio, viene ceduto il giocatore più forte, Kvaratskhelia. Una botta che lui con pazienza riesce a far digerire prima a se stesso e poi a tutto il gruppo. Certo che a quel punto, senza il campionissimo, come si può pensare di raggiungere lo scudetto? Eppure Antonio, testardo come pochi, non molla la presa, non abbandona il sogno e fa sì che i suoi ragazzi lo seguano. Questa è la sua grande vittoria: vedere che la squadra lo ha individuato come il capitano della nave che indica la rotta. Non è sempre così, e ve lo dice uno che in panchina ci ha passato diversi anni.
Alle soglie della primavera, quando l’Inter effettua il sorpasso e l’allungo, il Napoli ha un calo fisico e tecnico, il gioco non scorre più in modo fluido, c’è una chiara involuzione rispetto all’inizio stagione. Ma ancora una volta, con la determinazione e con la tenacia, Conte riesce a riportarsi sotto, sfruttando anche i passaggi a vuoto dei nerazzurri, e adesso si ritrova con un discreto vantaggio. Se questo non è un capolavoro, ditemi voi come lo dobbiamo chiamare. E badate bene, lo è anche se il Napoli non dovesse vincere lo scudetto, perché non si può cancellare ciò che è stato fatto negli ultimi nove mesi. Il giudizio sull’operato di un allenatore deve essere dato osservando complessivamente il suo lavoro, il suo impatto su ambiente e calciatori. Se poi arriva anche il risultato, che non era stato programmato perché l’obiettivo era la qualificazione in Champions, tanto di guadagnato.
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