L’ansia, la stanchezza, la frustrazione. Tutte e tre le cose, forse, si sentivano in ogni passaggio, in ogni rimessa interista. I blu di Parigi lanciavano provavano tiravano si trovavano. I gialli di Milano sembravano ogni volta cercare la soluzione di emergenza, anche quando l’emergenza non c’era. Bisogna accettare i risultati del campo, soprattutto quando sono così netti. Certo spiace. Se la finale di Istanbul aveva superato le aspettative, ed è finita con un rimorso, questa di Monaco è un’amara presa d’atto. Come se i pensieri che ci hanno rincorso durante l’anno — i tifosi sono maestri nella gestione dei presagi — fossero riapparsi tutti insieme nell’ultima sera di maggio. Anche il tifo era diverso. Fin dall’inizio i francesi sono apparsi organizzati, sonori, irridenti. Noi, una moltitudine di solitudini: qualche applauso e qualche raro coro, subito spento. Così è andata una Champions e bisogna ricominciare. Sempre bisogna ricominciare. Stavolta non sarà facile. Potrebbe essere il sipario su quattro anni. Ma è stato uno bello spettacolo e, anche dopo una serata così, dobbiamo ringraziare gli attori e il regista. Storditi sì, ingrati no.
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