Il punto è: come definire l’Inter se non la più “moderna” tra le superpotenze d’Europa? Un grande complimento, perché essere spettacolari vuol dire esaltare le qualità tecniche. È appunto uno spettacolo vedere Yamal saltare l’uomo, o Raphinha arrotare il pallone, di destro o sinistro. Ma, con tutto il rispetto per i campioni di oggi, questa non è una novità assoluta. La differenza dell’Inter, della sua modernità, è invece nella ricerca di un calcio che riesca a trapiantare le nuove tendenze in concetti più tradizionali. C’ è stato un tempo in cui la difesa a tre era infatti bollata come difensiva, con un uomo “sprecato” in fase di costruzione. È lì che Simone Inzaghi ha lavorato, cancellando l’idea dei difensori statici, portando i due “braccetti” a costruire. E operando una sorta di rivoluzione, fatta di dettagli. Perché il gol di Acerbi con il destro - lui che è un sinistro naturale - ha scatenato “ooh” di meraviglia. Ma più ancora del gesto tecnico viene da chiedersi perché si trovasse lì, nel cuore della difesa avversaria. Le risposte sono tante, ma potremmo provare ad aggiungerne una. La possibilità di sfruttare l’effetto sorpresa, perché un centrocampista, un esterno, figuriamoci un attaccante, ha sempre addosso il suo avversario diretto. Il centrale, o “libero”, per intenderci, no.
D’altronde la modernità dell’Inter è confermata da dati oggettivi. Anche se, come detto, non è questo il parametro più sincero, vogliamo parlare di gol? L’Inter ha nettamente il miglior attacco della A, con 73 reti: 18 più del Napoli, 21 più della Juve, 23 più della Roma. Però la riflessione va allargata. Perché il totale conta, ma è fondamentale leggere i parziali. E l’Inter, da questo punto di vista, è una macchina - scusate l’esagerazione - quasi perfetta, capace di mandare a bersaglio 18 calciatori diversi. Modernità è negare punti di riferimento agli avversari. Un dato confermato dai sette gol al Barça: tre con gli attaccanti - due Lautaro e uno Thuram - tre con giocatori che partono da lontano - Dumfries e Frattesi -, uno addirittura con un difensore centrale. È così che l’Inter si è guadagnata la finale col Psg. L’avversario, da questo punto di vista, più difficile. Che, esattamente come l’Inter, ha colto la differenza tra essere spettacolari o moderni. I francesi, con Mbappé, Messi e Neymar, hanno provato a essere spettacolari, per poi votarsi a un calcio più moderno, esaltato dai gol di Fabian Ruiz in versione Frattesi e Hakimi in versione Dumfries. Poi, certo, l’obiezione è facile, ci sono altre componenti decisive, come le parate di Sommer e Donnarumma. Ma questo è un altro discorso.
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