- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
partite
Gattuso: “A La Russa spero di poter far cambiare idea. Di me si dice ‘cuore e grinta’, ma…”
È il giorno della presentazione in conferenza stampa di Gennaro Gattuso. Il nuovo ct dell'Italia si prende in carico la Nazionale azzurra, dopo l'addio di Spalletti, e in attesa della doppia sfida di settembre con Estonia e Israele, si confronta con i giornalisti nella sala stampa allestita all’Hotel Parco dei Principi di Roma. «Per me è un sogno, un sogno che si avvera. So che non sarà facile, ma nella vita non c'è niente di facile», ha esordito l'ex allenatore di Napoli e Milan.
E dopo aver ringraziato Gravina e Buffon per la fiducia ha anche aggiunto: «C'è tanto da lavorare. C'è poco da dire, c'è da andare in giro, a parlare con i giocatori, entrare nelle loro teste, trasmettere cose positive. Sento dire che non abbiamo talento e giocatori, ma io penso che ci siano e dobbiamo mettere i giocatori nelle condizioni di esprimersi al massimo. Con il mio staff speriamo di fare un buon lavoro e l'obiettivo è riportare l'Italia ai Mondiali, fondamentale, per la nostra Nazione».
-Qualche concetto che vuoi dare all'Italia?
Entusiasmo, voglia, voglia di stare insieme: essere uniti nelle difficoltà. Dobbiamo ritrovare l'entusiasmo e non pensare in modo negativo. Chi verrà a Coverciano dovrà rivivere con entusiasmo e dovremo ricostruire la parola famiglia. Tornare quel gruppo e quell'unità che ci ha contraddistinto
-Convinzione o speranza di portare l'Italia al Mondiale?
No, convinzione. I calciatori a disposizione in questo momento fanno parte delle top dei migliori giocatori al mondo, tra i primi dieci nei loro ruoli. Penso che abbiamo una squadra forte, quindi squadre, non singoli giocatori. La squadra ha dei valori e credo che si possa raggiungere l'obiettivo. Non ho esitato davanti alla chiamata dell'Italia. So che c'è da lavorare tanto ma so anche che ci sono doti e qualità per raggiungere l'obiettivo.
-Dal 2006 il calcio italiano è italiano: cosa è l'identità che deve ricostruita in questo momento storico?
Un dato deve farci riflettere: nel nostro campionato quest'anno hanno giocato 68% di stranieri e 32% di giocatori italiani. È un dato che deve farci riflettere. Dopo l'Under19 i giocatori si perdono per strada. In Croazia ho giocato con ragazzi giovani. Dobbiamo dare tempo ai nostri ragazzi di crescere. Poi sulla mentalità, stare fuori dal Mondiale due volte non è semplice e dobbiamo trovare entusiasmo. La parola paura non deve esistere. Il cambiamento da fare è questo.
-Sei la persona giusta per giustificare quello che ha detto La Russa sulla tua scelta di CT: anche tu nel 2005 hai vissuto più o meno la stessa condizione attuale del tifoso Larussa...
Io non voglio assolutamente fare polemica con Larussa, voglio fargli cambiare idea. Ma nel 2005 ho vissuto un incubo, tre a zero, tre a tre e sono stato male sei mesi, molto male. Volevo lasciare il Milan, le prestazioni non erano come sempre, non è stato facile. Ma su Larussa spero di fargli cambiare idea e di raggiungere l'obiettivo che abbiamo in testa.
-Sarai il Gattuso di sempre?
In questi anni si è detto tanto di me. La figura di calciatore è difficile da cancellare: si parlava di me come di un giocatore tutto cuore e grinta, ma le squadre che ho allenato fanno buon calcio e anche se mi dicono di non dirlo io lo dico lo stesso. Nella mia squadra, col casino che facevo in campo da giocatore, non mi schiererei per come voglio giocare. Questa è la verità. Con cuore e grinta non si sta 10-11 anni a lavorare ogni anno. Mi piace aggiornarmi, parlare di calcio, ho chiare le mie idee. Il calcio è cambiato e per ogni giocatore serve una chiave per entrare in testa, non tutti sono uguali. Gli esempi avuti in passato è difficile portarli come esempio. I giocatori oggi sono più professionisti e fanno più fatica in generale a fare gruppo, questa è la difficoltà che riscontro. Adesso sono molto più preparati, hanno molta più conoscenza di noi.
-Scetticismo per alcuni risultati parziali ottenuti...
Io col Napoli non sono andato in Champions per un punto e con il Milan lo stesso. Con l'Hajduk dite che non ho fatto bene: la squadra croata erano 19 anni che non vinceva il campionato e se l'è giocato in questa stagione fino all'ultima giornata con una squadra imbattuta da giovani con la Dinamo che vince da anni e due dei suoi giocatori sono arrivati in Italia a 20-25 mln (C'è anche Sucic, che è approdato all'Inter.ndr). Dipende da come vengono le scritte le cose. Solo una vince, ma bisogna vedere come uno ha lavorato. Se ha fatto crescere i giovani e la squadra e penso che in questi anni qualcosa di buono ho fatto.
-Come cambia il lavoro da club a Nazionale?
Lavoro diverso, ma il calcio è la mia vita e non vedo l'ora ogni giorno di lavorare sul calcio. Sarà un lavoro diverso, spero di non stressare troppo i miei colleghi del club ma andrò a trovare i giocatori dell'Italia nei ritiri per parlarci, andrò a vedere le partite dove i giocatori italiani giocano. Treni, aerei e andare a vedere i giocatori per fare le migliori scelte.
-Lippi dice che si riconosce in te: cosa ti ha detto quando vi siete sentiti?
CT, la parola dice tutto e sai già dove voleva arrivare. La prima parola che mi ha detto è stata questa. Io spero che possa ricreare come lui l'alchimia che ha creato nello spogliatoio. Per me l'obiettivo primario è questo: creare il senso di appartenenza, vedere gente che sta bene a Coverciano.
-Il messaggio che ti ha colpito di più?
Tanti. Sicuramente con i genitori che hanno una certa età sentire loro emozionarsi è stato un momento di gioia. Poi tanti altri, ma sicuramente sentire mamma e papà emozionarsi ancora è stato emozionante.
-Cosa pensa dei giocatori che rifiuta la Nazionale?
Bisogna vedere e capire perché. Non credo che rifiutino la Nazionale e chi viene con noi, anche i club devono aiutarci, se hanno dei problemi fisici devono stare a Coverciano, possono fare terapie e tutto. Se vogliamo essere credibili e non creare scuse e precedenti chi è convocato sta a Coverciano, come si faceva ai tempi, e se non riusciamo a far guarire il giocatore torna al club d'appartenenza, ma è importante stare tutti insieme, anche con i problemini. I dolori ci sono sempre, bisogna andare oltre, quando si può si stringono i denti. Importante è riuscire a stare insieme e non creare precedenti.
-Quali saranno le prime parole che dirai ai giocatori?
Provare a creare una famiglia, dirci le cose in faccia. Le difficoltà in campo ci sono sempre e quando ti senti solo e non senti la voce del compagno diventa dura e novanta minuti sono interminabili. Dobbiamo cambiare questo aspetto qua, aiutarci, dire le cose che certe volte qualcuno non vuole sentire. Solo così si può crescere. In questi giorni ho chiamato 35 giocatori, ho fatto una chiacchiera con tutti. Le porte della Nazionale sono aperte, ho detto a Chiesa di trovare una sistemazione, giocare con continuità e questo vale per tutti.
-Cosa salva dell'Italia di Spalletti?
Ho una stima incredibile nei suoi confronti, noi ci siamo sentiti penso che sia preparatissimo, un maestro, mastica calcio da tanti anni e sa fare ogni anno cose nuove. Normale che in questo momento devo vedere quello che vogliamo fare però il lavoro di Spalletti e la sua professionalità sono incredibili e ha fatto un lavoro importante in Nazionale. Vedremo su che strada vogliamo andare, ma c'è poco tempo e stravolgimenti non se ne possono fare.
-Rispetto ai comportamenti, su cosa sarà intransigente?
Se non vedo i calciatori che non vanno a 100 allora... Bisogna andare a quella velocità, tanti di loro li ho allenati e sanno che per me quando l'allenamento comincia bisogna pedalare. Chiedo serietà e massimo impegno in campo. Fuori dal campo ognuno decide come comportarsi, non faccio il sergente o il poliziotto. Ma quando un giocatore si allena deve andare a mille allora.
-La tua terra è orgogliosa di te. Il messaggio che invii alla tua Calabria, qual è il messaggio morale, la lezione di vita che oggi lanci?
Non devo dare nessuna lezione di vita, non sono cosi importante per dare lezioni di vita a nessuno. La Calabria è una terra incredibile, io ho lasciato la mia infanzia, bellissima, lì. Quando sentivo l'inno e pensavo, sentivo la voce di mamma che mi chiamava dal balcone, le partite infinite sotto casa. Che dire se non che è una terra bellissima, che i giovani devono seguire la strada giusta, dello studio, delle persone per bene perché questa è la verità. Veniamo da una terra incredibile, si parla sempre di cose negative e speriamo di far parlare di cose positive.
-Quali emozioni ha provato per questa chiamata?
Nessuna, perché mi sono subito caricato tutte le responsabilità addosso, sono fatto così. Spero Dio mi dia la forza, nessuna emozione, tanto stress e tanta voglia di fare bene tante più cose possibili.
-Mourinho sia a Milano che a Roma disse che non è Harry Potter. C'è anche qualche trucco per rivitalizzare l'Italia?
Ha detto bene Mourinho, non sono Harry Potter e non faccio magie. Prometto impegno passione e spero di riuscire ad entrare nella testa dei calciatori mettendo davanti la parola noi, è la cosa più importante. Poi vedremo l'aspetto tecnico tattico. Sicuramente dobbiamo tirare fuori dai calciatori voglia, entusiasmo, senso di appartenenza che sono sicuro verrà fuori.
-Nei 35 giocatori che ha sentito c'era anche Acerbi?
No, non ho sentito Acerbi. Lui è un giocatore che sta dando al calcio. Si è parlato tantissimo, ma non è una problematica che ha toccato me. Penso che in questo momento le scelte da parte mia sono diverse. Nulla contro di lui, anzi un giocatore che sta dimostrando un valore incredibile ancora. Non l'ho chiamato, ma c'è rispetto e stima e in questo momento ho chiamato altri giocatori sicuramente più giovani e che in questo momento penso possano darci qualcosa. Vedremo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA