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"Da parte sua, l’Inter aspetta solo il momento in cui potrà tirare fuori quella buona bottiglia messa in frigo da mesi ormai: lo scudetto numero 20 è l’obiettivo di questo ciclo. Sarà pure centrato con un paio di stagioni di ritardo (la delusione del 2022 ha bruciato ed è diventata benzina), ma è pure il frutto di un lavoro di gruppo che parte da più lontano. La qualità del gioco è cambiata con Spalletti, Conte ha aggiunto feroce mentalità vincente, poi Simone Inzaghi ha completato l’affresco con un suo tocco personale. Ha portato una leadership gentile, ha superato difficoltà e cadute, ha migliorato sia l’orchestra sia i singoli violini. Il fossato scavato oggi in campionato è la conferma di un lavoro profondo. L’Inter inzaghiana è ormai ammirata in Europa e per questo ad Appiano ci si mangia le mani per il k.o. imprevisto in Champions contro l’Atletico".
"A maggior ragione dopo la finale della scorsa edizione a Istanbul che ha cambiato la dimensione stessa del club. Oltre alla salda guida tecnica, che potrebbe restare in sella per un altro triennio, il resto lo ha fatto la continuità dirigenziale con l’a.d. Beppe Marotta e il d.s. Piero Ausilio, in equilibrio tra le tempeste societarie (ma pure i ricavi ora sono in crescita, +34,6% in una stagione). Hanno aggiunto un pezzo alla volta senza temere di sostituire i big sacrificati sull’altare dei conti. Un esempio? Dai muscoli di Lukaku al cervello fino di Dzeko fino alla nuova era Thuram, qualcuno ha notato passi indietro? Lautaro, vicino al rinnovo, è rimasto fedele alla linea e nel frattempo è diventato pure capitano, ma l’Inter attorno a lui è diventato sempre più florida", scrive Gazzetta.
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