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Inter, Zanetti: “22, numero del destino. Lautaro, ho visto subito qualcosa. Lo scudetto…”

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Il vice presidente nerazzurro ha partecipato al 2046 podcast con Rovazzi e Tananai e ha parlato della vittoria degli uomini di Inzaghi ma anche del suo Triplete
Eva A. Provenzano Caporedattore 

Il 22 maggio ricorre Santa Rita ed è la data in cui vinto il Triplete. E non solo quello. È nota agli interisti la storia che i giocatori che hanno vinto il Triplete, in particolare Javier Zanettie Cordoba, avevano acceso prima della finale del 22 maggio di Madrid una candela alla Santa. L'ex capitano nerazzurro è devotissimo alla santa delle cause impossibili. E più impossibile di un Triplete che si materializza dai sogni c'è ben poco, nel calcio. Su questo racconto, Javier è tornato in un podcast con Rovazzi e Tananai.

E ha spiegato: «Io e Ivan Ramiro Cordoba, la sera prima della partita abbiamo acceso in camera una candela per la Santa. Ci ha accompagnato in tutto il percorso. È la Santa delle cause impossibili e capita la finale il 22 maggio, era tutto scritto. La vera finale per noi è stata col Barcellona, era la squadra più forte. Ma l'uomo della serata a Madrid è stato Milito, numero 22. E abbiamo vinto la seconda stella che giorno? Il 22 aprile. Quando siamo usciti di casa, prima del derby col Milan, con la mia famiglia io dicevo, oggi è 22, è destino».


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«La seconda stella? I ragazzi hanno scritto una pagina incredibile di cui si renderanno conto solo dopo, anche per come l'abbiamo vinto. Ma l'Inter è competitiva da cinque o sei anni, vince, arriva in finali europee, abbiamo vinto Supercoppa, Coppa Italia e scudetti. Dobbiamo mettere sempre a disposizione del mister una squadra competitiva, poi i risultati possono non arrivare, ma se hai una squadra competitiva sei più vicino al traguardo. È un grandissimo gruppo umano e si è creata empatia, importante per vincere, c'è tra i dirigenti, tra i tifosi, sono stati importantissimi, lo stadio è sempre stato pieno. E questa atmosfera si sente ed aiuta», ha aggiunto sulla vittoria dello scudetto.

-Quanto influiscono i tifosi durante le partite? 

Lautaro scende sempre in campo attaccando prima verso la Curva Sud, nel secondo tempo verso la Nord: quando devi rimontare una partita San Siro si fa sentire. 

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-Tu su Lautaro hai puntato in tempi non sospetti...

Lo avevamo individuato guardando le partite del calcio argentino e giocava nel Racing di Milito. Aveva 18 anni e dopo una partita in cui aveva fatto i tre gol disse che era contento dei tre gol ma non per la prestazione e avevo capito da lì che aveva qualcosa in più. Non devi aspettarti tutto subito: devi dare tempo ai giocatori il tempo di adattarsi e lui è cresciuto tanto, è il capitano, è un giocatore importante, ha senso di appartenenza. Ci ho creduto allora e si sta confermando. Sono giocatori che sai che hanno qualcosa in più. Non è semplice essere il capitano di una squadra come l'Inter. 

-Cosa pensi del futuro della Nazionale italiana? 

Siamo rimasti fuori dagli ultimi Mondiali. Spalletti ha grande lavoro da fare: ha la squadra ma serve il tempo per lavorare e in Nazionale non è mai abbastanza. Ora c'è l'Europeo e poi la qualificazione e tenere questo peso sulle spalle degli ultimi due Mondiali non aiuta. Ma bisogna credere nel talento italiano, nei giovani che ci sono, sono da aspettare ma possono dare qualcosa in più alla Nazionale. 

-Calcio arabo? 

Loro hanno questa grande economia che aiuta ad offrire ingaggi faraonici, competere con loro è difficile, ma non puoi comprare storia, senso di appartenenza. Certo scegli di andare a giocare in Arabia ma mancano altre cose che sono più importanti ti vengono a mancare. 

-Tu hai fatto tante presenze...

1114 in tutto...

-Solo un poliziotto ti ha bloccato mentre andavi a San Siro...

Ma io gli ho detto la verità. Ero quasi vicino a San Siro e c'era il Papa che stava incontrando i giovani e io dovevo incontrare il Papa e io gli ho detto che dovevo entrare nel parcheggio interno perché mi aspettava il Papa. Il giorno dopo copertina de La Gazzetta dello Sport io con Tommi e il Papa.

Senti più rivalità con Inter o con Milan...

Bella domanda, sentita con entrambi. Milan perché è la stessa città, ma c'è anche tanto rispetto. Con la Juve partite sentite per le storie delle due società. Sono gare sentite da tutti i tifosi. 

-Come mai l'Inter non ha mai preso Messi anche se siete amici? 

I costi, per il momento che vivevamo come società era impossibile. Basta guardare la realtà e sai che non puoi illudere i tifosi, non mi permetterei mai di dire ai tifosi una cosa così. 

-Barcellona-Inter è stata la partita più dura della tua carriera?

Ancora adesso ho paura quando la rivedo in tv. Era una partita eterna, venivamo dal tre a uno a San Siro ed era la squadra migliore: espulso Thiago Motta. Era difficile 11 contro 11 e immagina 11 contro 10. Era Busquets, si è capito che aveva simulato, ma la decisione era stata presa. Mancavano due minuti per finire il primo tempo ed Eto'o era davanti a me, gli ho detto manca poco, mancava ancora tutto il secondo tempo, ma li si è visto lo spirito della squadra che aveva voglia di vincere. Abbiamo ancora la chat del Triplete e quando ci vediamo, ci divertiamo tantissimo. 

(Fonte: 2046 podcast)

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