Nel cuore della Grande Inter di Helenio Herrera, lui era il fulcro silenzioso e autorevole. Quando gli altri alzavano la voce, lui abbassava il tono. Quando gli altri correvano, lui si muoveva d’anticipo. Sembrava conoscere il gioco prima ancora che si sviluppasse. Trasmetteva calma, sicurezza e una determinazione incrollabile. Picchi ha incarnato un ideale. Quello di un calcio che non era solo prestazione, ma anche comportamento. Quello di una leadership fatta di esempio, non di proclami. In nerazzurro ha giocato per sette stagioni vincendo 3 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali e segnando un solo gol in Campionato, nel suo primo derby, quello del 20 novembre 1960, Milan-Inter 0-1, quando ancora giocava nel ruolo di terzino.
Armando Picchi è stato – e resta – l’anima forte e sobria dell’Inter che ha insegnato al mondo come si vince. Con stile. Con testa. Con cuore. Ma anche come si perde, con la correttezza di chi sa riconoscere il valore di un avversario meritevole della vittoria.
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