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Berti: “Oggi mi rivedo in Barella. Sacchi mi voleva al Milan: andò così”

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Nicola Berti tra passato e presente: ecco la sua intervista alla Gazzetta dello Sport nel giorno di Salisburgo-Inter

Nel 1994, trent’anni dopo il 3-1 sul Real Madrid nella finale di Coppa dei Campioni, l’Inter si ripresenta al Prater di Vienna, oggi Ernst Happel Stadion, per l’andata della finale di Coppa Uefa. Avversario il Salisburgo, lo stesso di oggi in Champions, non ancora targato Red Bull. L’Inter viene da una stagione tormentata, esonerato Osvaldo Bagnoli il presidente Ernesto Pellegrini si è affidato a Giampiero Marini, il Pinna d’oro del Mondiale ‘82. In campionato non finisce bene, 13° posto. L’Inter si rifà in Europa. Al Prater vince con un gol del suo giocatore più ribelle e imprevedibile: Nicola Berti.

Berti, ricorda?

«Al mattino mi svegliai con un coro dei tifosi davanti al nostro albergo: “Nicola Berti facci un gol”. Profetici. Segnai su un filtrante in area (di Ruben Sosa, ndr ) verso la fine del primo tempo. Una rete con movimenti da centravanti. Ero un centrocampista, ma avevo la porta in testa, volevo fare gol».


Nel ritorno a San Siro, altro 1-0, con rete di Jonk, l’olandese che Bagnoli chiamava el Gionk .

«Un’altra coppa dell’Inter, la felicità degli 80mila a San Siro. Noi il Salisburgo lo abbiamo battuto, i ragazzi di oggi idem all’andata e stasera completeranno l’opera. Io resto un interista totale».

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Si rivede in qualcuno di oggi?

«Barella è come ero io, non riesce a controllare la sua mimica facciale. Una cosa meravigliosa, indice di sincerità. Io ero più fisico, lui più tecnico. Due numeri “otto” alla vecchia maniera. Non a caso mi piace pure Mkhitaryan, bravissimo».

Il gol al Prater e, il 23 novembre 1988, 35 anni fa, la strepitosa cavalcata di Monaco, nell’andata degli ottavi di Coppa Uefa, Bayern-Inter 0-2: 68 metri in solitaria alla velocità media di 26 km orari, così stabilì il Telebeam, aggeggio d’epoca.

«La follia, nessuno riusciva a prendermi. Rubai palla davanti alla nostra area e iniziai a correre come Forrest Gump, ma con il pallone al piede. Ne avevo tre alle calcagna, tra loro Augenthaler, il capitano. Non ce la fecero neppure a farmi fallo, arrivai davanti al portiere e gol. Mi acciuffò lo Zio Bergomi, quando mi fermai per esultare sotto la nostra curva, nella neve».

Un gol non casuale.

«Ne avevo già fatti di simili. Io ero così, ogni tanto prendevo e andavo. Il mio calcio libero. Nel ritorno a San Siro però perdemmo 3-1. Eliminati. Pazza Inter sempre».

Ritorniamo al 1994, l’anno del Mondiale Usa.

«Unico interista convocato. Piacevo al nostro c.t. Arrigo Sacchi, che anni prima mi voleva al Milan. Eravamo in ritiro nel New Jersey e io avevo una casa a New York, a Soho. Il mister ci concedeva dei giorni di riposo diurni dal mattino alla sera, ore in cui invitavo qualche compagno e qualche ragazza nel mio appartamento. Birre e musica».

La delusione della finale persa ai rigori col Brasile.

«Restai in campo per 120 minuti e se al 116’ Massaro mi avesse passato la palla con i giri giusti e non troppo lunga, sarei andato in porta un’altra volta e racconteremmo una storia diversa».

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Berti fuori dal campo, un ragazzo che sapeva vivere.

«Alt. Io davo tutto sia in allenamento sia in partita e non dovevano rompermi le scatole nella vita privata. C... miei, quel che facevo fuori».

Berti accreditato di flirt con Carla Bruni e Uma Thurman.

«Carla Bruni la conoscevo, ci fotografarono a una sfilata, ma preferivo le donne non famose. Uma era un’amica, la portavo a San Siro, diventò nostra tifosa».

Berti per anni ai Caraibi, una volta smesso di giocare.

«Tutti vogliono allenare o fare i dirigenti o andare in tv a parlare. Io volevo staccare, divertirmi. Comprai una casa a Saint Barth. Ero e sono un irregolare. Ai Caraibi conobbi anche Quentin Tarantino (il regista dei film più noti di Uma Thurman, Pulp Fiction e Kill Bill , ndr )».

E adesso?

«E adesso vivo a Piacenza. Città comoda, a 40 minuti da Milano. Mi piace, sennò non ci starei».

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