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Intervistato dal Giornale, Marco Rossi, già 76 partite da ct dell'Ungheria e in carica dal 2018, ha analizzato le difficoltà della nazionale italiana. "Consiglio al successore di Spalletti? Di condividere l'esperienza con chi è stato suo ct, come Lippi, o con Mancini. Perché non è un luogo comune ma una sacrosanta verità: allenare e selezionare sono due lavori differenti".
«Da fuori, non posso esprimere giudizi approfonditi. Di certo prima di queste due ultime partite ha avuto molte difficoltà per le convocazioni, fra chi ha rifiutato e chi poi si è fatto male, in più c'era in squadra una profonda base di stanchezza. Resta che ho visto in campo, giocatori che io non conoscevo».
«Pensare che i giocatori siano suoi, invece noi li abbiamo solo in prestito dai club e perciò dobbiamo rispettare il loro modo di allenarsi, recuperi compresi. Normalmente, prima di una partita abbiamo solo 2 allenamenti, in cui io faccio solo video e tattica, in funzione dei rivali. Non c'è tempo per fare altro, tanto meno un lavoro fisico».
«Creare una base, che nelle grandi Nazionali è anche di 40/50 calciatori e poi chiamare ogni volta chi sta meglio. Perché se uno è fuori forma, e durante l'anno capita, non basta la convocazione per restituirgli la condizione, meglio fare giocare subito un altro».
«L'Italia con tutti i suoi migliori calciatori al top, se la gioca contro chiunque, anche con Spagna e Portogallo. Non vedo una carenza di qualità. Forse in Norvegia qualcuno non era concentrato sull'importanza della partita. E in ogni caso, per il Mondiale 2026 non è ancora finita per gli azzurri».
«Non ho un profilo adatto, non ho un nome altisonante per la panchina dell'Italia».
«Avrei prima dovuto chiedere il via libera dal mio presidente federale, che magari non mi avrebbe permesso di accettare. Ma la panchina dell'Italia non si può rifiutare».
In realtà c'è chi l'ha fatto.
«Questione di nome, forse qualcuno ha avuto paura di giocarsi la reputazione. Io questo problema non l'avrei avuto».
(Il Giornale)
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