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De Calò: “Anche il City deve avere un punto debole. E Inzaghi può sfruttare…”

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"Simone Inzaghi avrà modo di studiare e scoprire quali possono essere i lati molli e i momenti d’inciampo del City", spiega De Calò
Matteo Pifferi Redattore 

Alessandro De Calò, editorialista de La Gazzetta dello Sport, ha analizzato così, sulla Rosea, l'avvicinamento a City-Inter:

"Sappiamo bene quali sono i punti di forza del Manchester City, lo squadrone che in Europa più si avvicina al confine della perfezione. Non è solo una questione di numeri, anche se la Premier appena vinta è la terza di fila – dopo il lungo inseguimento all’Arsenal – ed è anche il quinto campionato inglese conquistato da Pep Guardiola nelle ultime sei stagioni. C’è una persistenza, insomma. Non bastano neppure i 52 gol segnati da Erling Haaland, nei 51 match della sua prima esperienza britannica, per spiegare l’ultimo segreto di ogni cosa, dopo il dietrofront sulla pista del Falso Nueve, che il Pep aveva teorizzato e praticato secondo l’antica visione di Johan Cruijff. C’è qualcosa di più rotondo e prezioso nel vestito che il miglior allenatore del mondo – e tra i top nella storia – ha cucito addosso al City nella versione primavera/estate di quest’anno"


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"Il Real Madrid di Carlo Ancelotti, un paio di settimane fa, ha fatto da cavia nella sfilata, schiantandosi contro il vortice celeste di quiete e intensità che non lascia nulla di accennato o indefinito. Nel gioco del Pep niente resta tra parentesi, non c’è spazio per allusioni e punti sospesi tipo quelli sui quali stava appoggiata la scrittura del vecchio Celine. C’è un solco profondo, alla base di questa storia, che attraversa le generazioni. Negli anni Sessanta, prima delle partite, Rinus Michels era abituato a prendere da parte un giovane Cruijff – il suo “diamante grezzo” – per discutere degli avversari e della tattica da adottare. Era un modo per educarlo alla visione d’insieme. Il grande Johan, quando è diventato allenatore, ha fatto per molto tempo la stessa cosa con Guardiola. E il Pep, che spende tante energie per tenere vivi lo stile e la scuola, ha trasmesso e trasmette questo sapere condiviso a chi pesa sul campo – tipo Busquets e Xavi ai tempi del Barça o Gundogan e De Bruyne ora nel City – coinvolgendo anche chi collabora da fuori. L’olandese Erik ten Hag è uno di questi"

"Gli aveva fatto da braccio destro, per un paio d’anni, nel Bayern. Adesso Ten Hag sta trascinando il Manchester United fuori dalla lunga marcia nel deserto del dopo-Ferguson, che in una decina d’anni ha portato alla rottamazione di cinque allenatori, compresi Van Gaal, Mourinho e Rangnick. Questo pomeriggio, a Wembley, l’allievo sfida il professore. «Ho imparato tanto da Guardiola, è stato come vincere alla lotteria», aveva ammesso Ten Hag nei suoi giorni felici con l’Ajax. Non si era mai visto, finora, un derby di Manchester in finale di Fa Cup. Il tecnico olandese ha l’occasione di collezionare un’altra tacca dopo il successo in Coppa di Lega. Anche il Pep insegue una seconda vittoria, che segua il trionfo in Premier, con l’obiettivo di completarla col “Treble” se riuscirà a battere l’Inter in Champions".

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"E qui entriamo nel vivo. Questo è l’ultimo test generale prima di Istanbul, Guardiola si misura – da favorito – con un derby ad alta pressione proprio come era toccato ai nerazzurri. Simone Inzaghi avrà modo di studiare e scoprire quali possono essere i lati molli e i momenti d’inciampo del City, considerato che anche il Pep deve avere, per forza, un punto debole. La classifica di Premier parla di una certa fatica lontano dall'Etihad, dove i Citizen hanno collezionato 4 sconfitte e 4 pareggi. Il neutro di Wembley è un ottimo campo di prova. Partita secca. Ten Hag costruirà una rete attorno a Varane e Casemiro per isolare Haaland e conviene seguire questo tentativo. Antonio Conte, prima del divorzio col Tottenham era riuscito a battere un paio di volte il Pep, che poi gli aveva dato del “contropiedista”. Pazienza, anche il buon Tuchel, tre anni fa aveva vinto contro Guardiola in finale di Champions, lasciando al City la chance di un unico tiro nello specchio della porta. La compattezza, la rapidità e la verticalità del Chelsea avevano fatto la differenza. C’è una strada, dunque. Il problema è riuscire a percorrerla e arrivare davvero in fondo".

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