Per Federico Dimarco il nerazzurro non è solo un colore, ma una seconda pelle, un legame costruito da bambino. Il giocatore ha vissuto una stagione di luci e ombre, bene i primi mesi, deludente l'ultima parte.


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Dimarco, la stagione del riscatto. Giudizio troppo pesante per chi è unicità. Addirittura…
"Essere Federico Dimarco significa rappresentare. Il colore nerazzurro in assoluto, l’Inter di questi anni in particolare. Tra alti e bassi, l’identità resta quella. Talento, capacità di leggere le situazioni, creare occasioni per sé e soprattutto per i compagni. Non un’annata da ricordare, per lui come per il club".
"Dimarco non ha deluso, sia chiaro, ma non ha avuto continuità. Momenti di qualità eccelsa, inserendosi in sovrapposizione, o allargando il gioco secondo i dettami di Simone Inzaghi. Altre fasi di calo. "Non regge più due gare in fila". O addirittura "Non tiene i novanta minuti". Qualcosa è stato lasciato per strada, ma il giudizio è troppo pesante per chi è unicità. Nel ruolo, oggi come ieri, pochi a quel livello. In Serie A forse nessuno", sottolinea il Giorno.
"Il vecchio dualismo tutto milanese con Theo Hernandez è riposto in soffitta con il viaggio sola andata verso l’Arabia del francese. Resta Federico "della Nord", per una stagione di rilancio. Lo deve essere. E lo vuole lui. Con Carlos Augusto è dualismo, ma al meglio della condizione non c’è battaglia. Tra Ascoli, Empoli, Sion, Parma e Verona. Sino alla finale di Champions. Rispondere, e risorgere. Quelle parole dell’altra sera sono il suo manifesto. Federico Dimarco vuole essere felice. Per riprendersi quello che è suo, e identifica come nessun altro: l’Inter".
(Il Giorno)
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