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Inter, il disastro spinge verso la rivoluzione: Inzaghi e Marotta ora a un bivio

Daniele Vitiello Redattore/inviato 
L'analisi dell'inviato di Fcinter1908.it all'Allianz Arena dopo la disfatta nerazzurra in finale di Champions League

Il crollo è stato totale e senza attenuanti. L’Inter tra i modi di perdere ieri sera contro il PSG ha scelto il peggiore, disintegrata senza avere la possibilità di reagire. In casa nerazzurra fa più male del previsto, perché nessuno dimentica il divario di tecnico ed economico con una delle grandi potenze d’Europa, ma il cammino di questa Champions e i ricordi di Istanbul avevano illuso quantomeno sull’equilibrio di un confronto che sembrava tutto da scrivere. Il 5-0 di ieri invece è uno sgorbio che rovina il magnifico percorso tra girone e fase eliminatoria. Ha mandato al diavolo lavoro, risultati e sacrifici, come l’ultima pagina di un romanzo maltrattata malamente da una stampante capricciosa. Sposta inevitabilmente il giudizio sulla stagione e sul ciclo. Perché in casi del genere la forma è anche sostanza.

Non c’è stata partita. La storia che l’Inter avrebbe voluto scrivere, l’ha subita e maledettamente. Ci sarebbero da sottolineare il disastro di Dimarco a sinistra, l’umiliazione subita dai tre in mezzo, l’assenza ingiustificata dei due davanti, ma davanti a uno scempio tale perde di senso anche il focus sul singolo. E’ mancata l’Inter in tutti i suoi interpreti, mandata allo sbaraglio da colui che spesso ne è stato condottiero, ma che ieri si è macchiato ulteriormente la reputazione di allenatore tra i migliori in circolazione.

La notte di Istanbul aveva lasciato pur nella delusione della sconfitta una grande consapevolezza sui margini che avrebbe potuto compiere questa squadra. Quella di ieri, invece, è una ferita nell’orgoglio troppo grande da sopportare per il momento e forse in assoluto. Inzaghi dovrà essere il primo a chiedersi se riuscirà a trovare le forze per rialzarsi da questa caduta senza ricorrere alle dimissioni che per qualcuno sarebbero atto più che dovuto. Il tentativo di insistere per non arrendersi davanti all’evidenza di un ciclo ormai finito richiederebbe stimoli e pazienza fuori dal comune.

Sarebbe di certo più semplice ripartire da facce nuove. Generebbero una spinta spontanea e traghetterebbero almeno all’inizio l’ambiente oltre lo scoramento di oggi e dei prossimi giorni. La rivoluzione sarebbe a sua volta un rischio, non c’è dubbio, ma è qui che dovrà emergere la bravura di una dirigenza finita per imbrodarsi nelle lodi di questi anni e che invece nell’analisi della stagione dovrebbe finire dietro la lavagna proprio come il suo allenatore. E’ nel momento delle scelte forti e responsabili che un board di livello deve fare la differenza. Anche in base a come reagiranno a questo scempio si giudicherà il loro operato.