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Nella giornata di ieri, la Juventus ha reso noto ufficialmente di aver emesso un nuovo bond da 150 milioni di euro con scadenza 2027. Ne ha parlato il giornalista Paolo Ziliani, che su X non ha risparmiato accese critiche ai bianconeri:
"Nuova perdita a bilancio (-58), nuovo aumento di capitale (110), nuovo bond (150): l'allegra crociera della Juventus, più riverita che mai, nei mari della Serie A e i guai dell'ammiraglio Tudor ormai sempre più delegittimato Un miliardo di perdite dal 2018 a oggi, un miliardo di ricapitalizzazioni negli ultimi 6 anni, un nuovo bond per sostenere il pazzesco indebitamento dopo il bond emesso per acquistare Ronaldo, vecchi dirigenti che patteggiano per non andare in galera, nuovi dirigenti che redigono bilanci alla maniera dei vecchi: eppure nessuno, a cominciare dai media stesi a zerbino, dice niente.
Il giornalista sportivo italiano è quel professionista che nel giorno in cui la Juventus annuncia di aver chiuso il suo ultimo bilancio con una perdita di 58,1 milioni, cifra molto vicina ai 60 milioni di perdita massima consentita dall’UEFA in un triennio, invece di prendere la calcolatrice, sommare i 58,1 milioni di oggi ai 199,2 milioni di un anno fa e ai 123,7 di due anni fa, prendere atto che nei tre ultimi anni la Juventus ha accumulato perdite per 381 milioni superiori di oltre 6 volte la perdita massima tollerata e domandarsi o domandare ai dirigenti del club cosa pensi di fare, la società, quando a giugno si sottoporrà all’esame del CFCB, il comitato controllo bilanci dell’UEFA, imposta titoli e articoli sull’accaduto tessendo le lodi del club della Real Casa che dopo anni di maxi perdite (- 239,3 al 30 giugno 2022, - 209,9 al 30 giugno 2021) ha limitato a - 58,1 milioni il rosso dell’ultimo bilancio, ed esultando per la nuova cascata di milioni piovuti dal cielo del nuovo aumento di capitale.
Il giornalista sportivo italiano è quel professionista che nel giorno in cui la Juventus annuncia di aver deliberato un aumento di capitale di 110 milioni, 30 dei quali già bruciati la metà per fare fronte al licenziamento di Motta e l’altra metà per mettere un po’ di benzina nel serbatoio vuoto (leggi: cassaforte) in sede di mercato, riporta la notizia come da comunicato ufficiale e si esime da qualsiasi approfondimento/commento, benché la notizia vera non siano tanto i 110 milioni di ricapitalizzazione appena deliberati, ma il miliardo e 10 milioni di aumento di capitale cui la Juventus ha dovuto ricorrere nel giro degli ultimi 6 anni: 300 milioni nel 2019, 400 nel 2021, 200 nel 2023 e 110, appunto, deliberati ieri.
Il giornalista sportivo italiano è quel professionista che nel giorno in cui la Juventus annuncia di avere emesso un bond da 150 milioni al tasso d’interesse del 4,15 % e con scadenza (tenetevi forte) 2037 con la finalità - per dirla col comunicato ufficiale - “di bilanciare al meglio la struttura dell’indebitamento finanziario” prolungandone la durata e riducendo in prospettiva i costi, invece di spiegare alla gente che il bond è un debito lo contrabbanda da colpo di genio societario (“LA MOSSA. Juve, altro colpo in prospettiva: completata l’emissione di un bond da 150 milioni”, ha titolato Sportmediaset), dimenticandosi di dire che non si tratta nemmeno del primo bond emesso: nel febbraio 2019, per finanziare il folle acquisto di Cristiano Ronaldo, venne emesso a un tasso di interesse fisso del 3,375%, il cosiddetto “bond Ronaldo” da 175 milioni.
Nel mio pezzo pubblicato ieri su “Palla Avvelenata” e intitolato “Oggi la Juventus approva il bilancio 24-25 ancora in rosso: si va verso i 400 milioni di perdite nel triennio contro il massimo di 60 consentiti. Ci sarà un giornalista che ne chiederà conto?”, avevo scritto: “… poichè la perdita sarà contenuta rispetto a quelle degli ultimi anni, i titoli e i pezzi che leggeremo oggi e gli interventi nei programmi tv che ascolteremo saranno di elogio per una Juventus diventata virtuosa e sostenibile e ormai sulla strada giusta per puntare all’utile di bilancio nel 2026-27. Del Fair Play Finanziario UEFA e della regola che impone a tutti i club di non registrare perdite a bilancio superiori a 60 milioni in un triennio non parlerà nessuno. Tutti zitti come ai tempi delle plusvalenze farlocche messe illecitamente a bilancio per centinaia di milioni ogni anno, una bomba a orologeria scoppiata poi nella primavera del 2023 con la cacciata della Juventus dalle coppe e la squalifica per 8 anni dei suoi quattro dirigenti apicali”. La Gazzetta dello Sport compie oggi addirittura il capolavoro, di fronte a uno sprofondo che ha reso necessario il ricorso a un nuovo aumento di capitale di 110 milioni e all’emissione di un bond da 150 milioni, di titolare: “Conti in chiaroscuro”; un po’ come se dopo PSG-Inter 5-0 avesse titolato “Inter sconfitta di misura”.
Visto che le cose vanno così da anni, anzi da decenni, in questa cloaca del calcio italiano dove non c’è una componente che non abbia la rogna, aggiungere altro sarebbe stucchevole. Ragione per cui, ricordato che la Juventus ha chiuso ieri il suo 8° bilancio consecutivo in perdita portando a 979 milioni, poco meno di un miliardo, le perdite accumulate dal 2017-18 ad oggi (e a dirla tutta, visto che i bilanci dell’era Agnelli erano taroccati, come i magistrati hanno dimostrato, la perdita effettiva è stata in realtà enormemente superiore al miliardo) e ricordato che negli ultimi 6 anni gli aumenti di capitale hanno superato il miliardo, se siete d’accordo concluderei il pezzo di oggi spostando il focus dalla Juventus società alla Juventus squadra: per dire due cose credo interessanti a proposito della straniante, sconcertante, quasi distopica conferenza-stampa tenuta ieri da Igor Tudor alla vigilia di Juventus-Atalanta.
Il Tudor che si è presentato ai microfoni e che venendo meno al suo cliché di uomo disponibile, gentile e sorridente ha risposto a monosillabi e grugniti a quasi tutte le domande dei giornalisti è stato un Tudor che la Gazzetta dello Sport definirebbe nervoso: ma che era invece imbufalito. E magari mi sbaglio: ma il buon Igor era imbestialito con la società dalla quale negli ultimi giorni si è sentito a più riprese disconosciuto e delegittimato.
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