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Klinsmann: “Seconda stella nel derby circostanza favolosa, un sogno. Nessuno come l’Inter”

Klinsmann: “Seconda stella nel derby circostanza favolosa, un sogno. Nessuno come l’Inter” - immagine 1
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex attaccante dell'Inter ha parlato del derby di stasera che può valere lo scudetto
Andrea Della Sala Redattore 

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex attaccante dell'Inter Jurgen Klinsmann ha parlato del derby di stasera che può valere lo scudetto:

«Col Milan è sempre speciale, elettrizzante come poche altre sfide in Europa, ma stavolta ci dà pure qualche emozione in più: quando potrai mai vincere un altro scudetto nella casa di tuo cugino? Anche in California ho così tanti amici interisti che mi sembra di essere ancora a inizio anni Novanta... E tutti da mesi non facciamo altro che parlare di questa seconda stella».


Klinsmann, ma per lei è davvero così importante che arrivi subito nel derby?

—  

«Diciamo che è una circostanza... favolosa. Quasi un sogno. Ma non diventerà certo un’ossessione: l’importante è che lo scudetto arrivi. Per renderci conto della grandezza di questa stagione, bisogna pensare che non ci chiediamo più se l’Inter vincerà, ma quando lo farà».

Klinsmann: “Seconda stella nel derby circostanza favolosa, un sogno. Nessuno come l’Inter”- immagine 2

Gli stati d’animo delle due squadre sono esattamente all’opposto: è una trappola?

—  

«A San Siro si azzera tutto, si parte da zero. Poi in campo ci sono dei valori precisi, la stagione ha detto che l’Inter è la squadra migliore. Il derby, però, è davvero un pianeta sconosciuto, senza certezze. Figurarsi questo...».

Apra il libro dei ricordi da derby: quale è la prima immagine alla mente?

—  

«L’attesa. La gente che mentre sei in coda in macchina ti dice: «Segna per noi Jurgen». Era tensione sempre positiva, ti metteva energia. Ho segnato un solo gol al Milan, nel mio penultimo derby dopo due stagioni in cui non c’ero riuscito: era il dicembre 1991 e io l’uomo più felice del mondo. Poi però pareggio di Van Basten e... 1-1».

Quale è il segreto dietro a questo cammino?

—  

«Da fuori percepisci una bellissima atmosfera: coinvolge tutti, la squadra, la società, i tifosi. Ovunque giochi l’Inter, vedi sempre grandi macchie nerazzurre allo stadio: è bellissimo. È proprio lo scudetto del sorriso. Inzaghi poi è riuscito a dare una identità e in ogni ruolo ha sempre un’alternativa di livello. Peccato solo per la serata storta di Madrid, ma il titolo numero 20 supera qualsiasi delusione».

Chi è per lei l’uomo dello scudetto?

—  

«Non si può davvero dirne uno, non in questa squadra che lavora così bene insieme. Lautaro dopo il Mondiale è diventato un leader incredibile, trascina tutti oltre che segnare, ma tanti si meritano la vetrina. Prendete ad esempio Calhanoglu: è bravissimo con la palla, vede tutto, non ha paura di prendersi responsabilità. E poi anche il figlio del mio amico Lilian...».

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Sorpreso da Thuram jr?

—  

«Io giocavo con suo padre prima che Marcus nascesse, ai tempi del Monaco. Ha ereditato la stessa professionalità e intelligenza. Poi l’ho seguito da vicino a Monchengladbach e ora a Milano si è completato: ho la sensazione che crescerà ancora, lo vedremo sempre più forte e decisivo. Con lui, Lautaro, Calha, Barella, Bastoni l’Inter ha un grande futuro davanti a sé».

Avrebbe voglia di salire anche lei su un bus scoperto e festeggiare?

—  

«Sul bus ci va chi ha vinto sul campo, ma a me piacerebbe tantissimo essere a Milano e vedere la gente dell’Inter che festeggia. Purtroppo, non posso. Ma mi immagino le strade, le bandiere, l’emozione per la stella...».

Quanto sarebbe felice oggi il suo amico Andy Brehme?

—  

«Tanto, Andy amava davvero l’Inter: ogni successo della squadra lo sentiva suo. L’ho detto, era come un fratello maggiore. Mi ha aiutato tantissimo quando sono arrivato a Milano, pensava sempre prima agli altri. Siamo sempre rimasti in contatto, ovunque eravamo nel mondo».

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