Le parole di Arrigo Sacchi al torneo giovanile di Viareggio vinto dall’Inter con 7 stranieri in campo, di cui 6 africani, quella frase purmal formulata «troppi neri nei vivai, per salvare la nazionale devono giocare più italiani» nasce da una constatazione elementare: in serie A i calciatori italiani sono ormai solo un terzo del totale. L’ex Ct della nazionale ha lanciato un sos e, forse, un suggerimento all’Inter, prima tra le big all’alba del 2000 a puntare sugli stranieri anche nelle formazioni under e in seguito, forse incoraggiata dal primo vero colpo messo a segno, il nigeriano Oba Martins, ha quadruplicato le sue mire fuori dal territorio nazionale. Con risultati sconsolanti. Gli africani del resto, più precoci dei nostri, a livello giovanile spesso forniscono un contributo atletico più elevato, ma quasi sempre già a 20 anni il gap svanisce e gli pseudo campioni si trasformano in bidoni, finiscono ai margini del calcio, sradicatine senza patria. I casi sono molteplici.
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Illuminante quello di Maa Bumsong, Camerun, tesserato dall’Inter nel 2005-06: con Mancini debuttò non solo in serie A in una singola gara per un’ora al posto di Stankovic, ma anche in Champions contro i Rangers. Illusione crudele: fu girato via via a società ogni anno più scarse, Rovigo, Noto, Subasio, Manduria, Royal San Marino e oggi a 27 anni fa l’Eccellenza con la Ribelle di Ravenna. Nel vivaio nerazzurro trovò posto anche Haba Kolie, Guinea, difensore, che ventenne fu dirottato a Castellettese, Carzese e quindi Seregno prima di sparire e riaffiorare nel Voorde, serie C belga. Anche dell’ivoriano Yousouf Kone si diceva quant’è forte, prima che iniziasse a sua volta il giro d’Italia: Viterbese, sconfinamento al Lugano, Castel di Sangro, Vittoria, Gela, Lucchese, Pro Sesto, Nuova Cassino. Da tre anni è senza squadra come l’altro ex nerazzurro, Stephan Biakolo, Camerun, che si è fatto anche lui il suo giro nei bassifondi del calcio italiano prima di trovare una dimensione a 32 anni nel Us Possession, Isole Reunion.
Il suo connazionale Diane Abdoulaye ha fattolostesso approdando all’Uta Arad, serie B romena, una tristezza, dopo aver giocato una quindicina di gare in sette anni in club mai sentiti nominare e di cui il più famoso è l’Sk Viktoria Jimy. Diversa è stata in parte la vicenda di Isah Eliakwu, «nigeriano più forte di Martins» dicevano gli intermediari, che in effetti poteva andare anche in serie B ma, e lo si scoprì troppo tardi per restituirlo al mittente, era praticamente sordo da entrambe le orecchie. Ci sentiva benissimo ma era decisamente brocco Saidi Adeshokan, pure nigeriano, il quale dall’Inter transitò poi da Olginatese, Termoli, Galatina Pro Italia, Ostuni Sport e infine Mono Spolis dove sta cercandodi farsi rinnovare il contratto. Ciò che invece non è riuscito a un’altra bufala colossale, Desmond N'Ze, Ghana, scivolato dall’Inter all’Avellino, al Pescina Val Giovenco, al Milazzo, e poi partito per il Giappone in cerca d’aiuto. Più rapida fu la decisione del franco senegalese Guillaume Valmy che una notte scappò da Milano per tornare a casa sua e ora gestisce una pizzeria nelle banlieu parigina. Più conturbante la vicenda umana di Ibrahim Maaroufi, Marocco, una presenza in A nel 2006 con Mancini, seguita dal giro del mondo: Wydad Casablanca, Eupen, Parsch Teheran, St.Gilloise e ritorno in Italia, alla Paganese.
Gli almanacchi del pallone sono pieni di storie come queste, soprattutto in casa Inter,dove i tifosi coniarono sui social lo slogan «basta Fernet, Branca» adombrando una fantomatica collaborazione alcolica nelle scelte talvolta decisamente bizzarre della società e del suo (oggi ex) dg. E si potrebbe continuare con Mbida Binozin, Camerun, Sesay Fullah Sulaiman, Sierra Leone, Kyeremateng Basty Owusu, Ghana. Senza dimenticare i Biabiany, gli Obi, i Duncan che invece bufale non sono. E ricordando che oggi quasi tutte le big hanno i vivai pieni di stranieri proprio come l’Inter.
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