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La disfatta di Oslo non ha lasciato solo il peso di un’altra sconfitta sulla pelle della Nazionale, ma ha anche messo a nudo un paradosso tattico che oggi incatena Luciano Spalletti. Il commissario tecnico azzurro sembra prigioniero di un sistema, il 3-5-2, che in estate rifiutava nonostante fosse l’ideale per sfruttare il blocco interista, e che ora difende a spada tratta pur non avendo gli interpreti per farlo funzionare.
"Tra i tanti problemi emersi in Norvegia, uno è certamente il paradosso tattico di cui è prigioniero il ct Spalletti. All’Europeo non era convinto di giocare con il 3-5-2, nonostante fosse il sistema migliore per sfruttare il blocco interista, mentre ora insiste sul 3-5-2 pur non avendo gli uomini per farlo. In questo momento non si può fare affidamento sul blocco interista, ancora scosso e provato dalla finale di Champions. Persino Barella è stato imbarazzante a Oslo, al massimo avrebbe avuto senso far giocare dall’inizio Frattesi, per sfruttare la rabbia repressa a Monaco e la condizione fisica migliore di quella dei compagni di club", sottolinea Libero.
"Senza il blocco interista, un centrale di difesa e i quinti all’altezza non è sostenibile giocare 3-5-2. L’Italia in Norvegia ha tenuto palla all’infinito senza farci assolutamente nulla, venendo poi infilata dalle ripartenze degli avversari. In questo momento di grande difficoltà gli azzurri dovrebbero fare di necessità virtù, badando al sodo più che al gioco. La cosa più sensata che può fare Spalletti è mettere in campo undici calciatori che si reggano in piedi, senza badare al nome dietro la maglia, e puntare su almeno un paio che sono in grado di saltare l’uomo e creare superiorità. Caratteristiche che mancano, dato che gente come Zaccagni e Chiesa viene lasciata sistematicamente a casa".
(Libero)
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