Tra le pagine dell'edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi, ex allenatore, ha analizzato così la scelta dell'Inter di puntare su Cristian Chivu in panchina: "La prima cosa che vorrei dire è che Cristian Chivu non è una scommessa azzardata. Dopo il suo ingaggio da parte dell’Inter ho spesso letto e ascoltato questa definizione, che non mi trova completamente d’accordo. Una scommessa comporta un inevitabile rischio, e allora tutti gli allenatori sono scommesse, mica soltanto Chivu. Chi può sapere come andrà la stagione? Soltanto un mago. Credo, invece, che i dirigenti nerazzurri abbiano scelto Chivu ragionando sui pro e sui contro che questa decisione comportava (e comporta).


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Sacchi: “Inter, Chivu non è scommessa azzardata! Ma la società non faccia quest’errore”
È vero che ha avuto una sola esperienza su una panchina di Serie A, nello scorso campionato, al Parma: tredici partite in tutto. Ma è altrettanto vero che se uno non viene testato non si potrà mai dire se funziona oppure no. A me sembra che Chivu, dato quello che ha mostrato a Parma dove ha salvato la squadra dando un’identità precisa di gioco e un’organizzazione in pochissimo tempo, sia pronto per il grande salto. Ciò non significa che vincerà subito, gli servono mesi per trasmettere le sue idee, per entrare in sintonia con i giocatori. È avvantaggiato dal fatto che conosce perfettamente l’ambiente, dov’è stato sia da calciatore sia da allenatore nel settore giovanile. Questo è sicuramente un punto a suo favore.
Adesso, però, il ruolo più difficile non ce l’ha Chivu, ma la società. Mi spiego: al tecnico serve il sostegno dei dirigenti che devono aiutarlo nei momenti di difficoltà, proteggendolo dalle inevitabili polemiche, e devono costruirgli la squadra che lui ha in mente, andando a reperire sul mercato quegli elementi che ancora mancano. Non commetta, l’Inter, l’errore di non ascoltare le richieste dell’allenatore, cosa che fanno quasi tutte le società: lui sa bene chi serve e chi non serve, e compatibilmente con le possibilità economiche del club i dirigenti hanno il dovere di accontentarlo . Io al Milan sentivo che la società era dalla mia parte, e questo per me era fondamentale perché stavamo impostando un lavoro rivoluzionario che necessitava di impegno, di fatica e di sacrificio. Ecco, credo che i dirigenti dell’Inter, in questo momento, debbano comportarsi esattamente come si comportarono Berlusconi e i suoi collaboratori.
È stata fatta una scelta, dopo averci ragionato sopra a lungo, e ora questa scelta non soltanto va difesa ma anche puntellata. Ci sarà qualche difficoltà iniziale, può darsi, ma non per questa ragione si deve mettere in discussione il lavoro dell’allenatore. Una volta che gli è stata affidata la squadra e che con lui sono stati stabiliti gli obiettivi da raggiungere, bisogna soltanto aiutarlo ad arrivare al traguardo. Ricordando che lui è il capo della spedizione, che lui ha il filo diretto con i giocatori, che lui è l’uomo al quale viene richiesto di dare uno stile sul campo, e dunque le sue parole vanno sempre ascoltate. Un allenatore non chiede un acquisto per capriccio: lo fa perché sa di aver bisogno di quell’elemento in quel determinato ruolo. Se mi serve un terzino non mi si può portare un mediano, errore che spesso vedo fare da tante società. Ma all’Inter ci sono dirigenti esperti e saggi che, ne sono certo, conoscono alla perfezione le regole per arrivare lontano. Con Chivu, naturalmente".
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