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Moratti: “Prima di andare al Milan, Ibra mi chiamò. Tentai di tutto per Iniesta. Wes, Mou e Cantona…”

Clamorosa rivelazione dell'ex presidente nerazzurro

Redazione1908

Massimo Moratti, nel corso di un'intervista al Corriere della Sera, ha svelato un retroscena piuttosto clamoroso su Zlatan Ibrahimovic. Oltre al rimpianto per il mancato ritorno di Pirlo all'Inter, Moratti confessa di aver sfiorato il ritorno di Ibra in nerazzurro. Ma non solo: sono tantissimi gli aneddoti svelati dall'ex numero uno dell'Inter e tutti legati a grandissimi campioni: «Nella vita siamo tutti in prestito, figurarsi le cose di calcio... E poi, esistono strade già tracciate... Con Pirlo, quando dal Milan andò alla Juventus, ci fu più di uno spiraglio per un ritorno all’Inter. Ma non se ne fece nulla. Ibrahimovic, quando passò dal Barcellona al Milan, mi chiamò. Confessò l’inizio della trattativa e, con un gesto che ho molto apprezzato, mi disse che se avessi avanzato una controfferta, avrebbe scelto noi. Una controfferta pure al ribasso, si premurò di sottolineare. Ma, come ho detto, le strade erano tracciate e non aveva senso forzare gli eventi».

SNEIJDER DA BAR – «A Forte dei Marmi, mi fermò un barista: “Presidente, ci manca un unico giocatore. Quello che darà le accelerate decisive in mezzo al campo. Sneijder”. Parlò con tale forza persuasiva che io, per non commettere errori, chiamai Branca chiedendogli di sentire Mourinho. Branca richiamò e disse che Mou aveva esclamato: “Magari”. Partimmo con la trattativa, che si sbloccò anche perché al Real, Sneijder non trovava spazio. Quel barman non l’ho più rivisto. Lo volevo ringraziare…». E con lui tutti gli interisti perché Wes è stato il folletto delle vittorie e dei fasti del 2010. AAA barista cercasi.

MOURINHO IN INCOGNITO – Sull’allenatore portoghese Mou ha fatto un altro racconto davvero divertente e lo lasciamo così com’è perché non perda la sua totale efficacia: «Mou mi aveva incantato in un’intervista quando allenava il Benfica. Lì mi dissi che prima o poi l’avrei portato a Milano. Ci vedemmo la prima volta a Parigi. Sono state fatte parecchie speculazioni, riguardo all’ipotesi che l’avessi chiamato prima, quando Mancini era il nostro allenatore. Non è vero. Vero è che avviammo le trattative con Mou e lo invitai in Francia, nella casa parigina. Per due volte. La seconda volta si presentò con un quadernone, fitto fitto di appunti e schede: era uno suo studio sull’Inter di allora, con le caratteristiche dei giocatori in rosa e i nomi di altri calciatori che sarebbero stati funzionali… Quel quadernone sembrava una tesi di laurea, un lavoro pazzesco, di sicuro costato giorni e notti di lavoro…». E la prima volta? «La prima volta Mou arrivò sotto casa mia in incognito, pareva un film di spionaggio… Camminava radente i muri… Quando aprì la porta, finalmente convinto d’aver superato ogni rischio e di essere al sicuro, la colf si mise a urlare: ”Joséééééééééé!!!! Joséééééééééé!!!! Joséééééééééé!!!!”. Credo che l’eco risuonò per metà Parigi… Quella donna era portoghese, e mai avrebbe immaginato di trovarsi davanti uno dei beniamini nazionali…». E Mou? «Era imbarazzato, continuava a fissarmi.». E lei? «Io ridevo, divertito come non mai».

INIESTA - "Incontrai i vertici del Barcellona e chiesi Iniesta. Avevamo forza economica e persuasiva... Parlai di parecchi giocatori. Ma quando pronunciai il nome di Iniesta, l’atteggiamento mutò radicalmente. Avrei potuto fare qualsiasi offerta e sarebbe stato inutile"

INCE E CANTONA - «Con Ince mi mossi in persona. Andai a casa sua. Ero appassionato di Manchester United. Con Cantona, le nostre vite si incrociarono nella giornata sbagliata. Quand’era in programma Manchester-Crystal Palace, la partita del calcio di Cantona al tifoso... Ero coi miei figli in tribuna… Ince lo seguivo già, e proprio in quell’incontro mi fece ulteriormente impazzire, per l’ardore con il quale si scagliò contro chiunque incontrasse… Ci vidi uno slancio, una generosità, un coraggio… Per carità, anche da parte di Ince ci fu un atteggiamento censurabile, con lui che menava le mani… massima condanna… ma io ci vedevo non la ricerca della violenza per far male quanto la voglia di difendere in ogni modo e a ogni costo lo stesso Cantona finito sotto assedio… Andai a casa di Ince per dirgli che doveva venire all’Inter. Accettò. Speravo che, finita la squalifica, avrebbe accettato anche Cantona. Ma era sfiduciato, senza energia, provato».

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